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 2011  maggio 27 Venerdì calendario

Non siamo così poveri se tanti si permettono di non cercare lavoro - Caro Granzot­to, secondo la vulgata comu­ne, va da sé so­prattutto di sini­stra e a mo’ di martello, pare che in Italia il 30% dei giovani sia senza lavo­ro e la g­randissi­ma maggioran­za ha un impiego precario

Non siamo così poveri se tanti si permettono di non cercare lavoro - Caro Granzot­to, secondo la vulgata comu­ne, va da sé so­prattutto di sini­stra e a mo’ di martello, pare che in Italia il 30% dei giovani sia senza lavo­ro e la g­randissi­ma maggioran­za ha un impiego precario. Ma è vero? Piero Casati Monticello B.za (Lecco) Tutto sta a capirsi, caro Casati. «Giova­ni », per esempio, cosa sta a indicare? Quando comincia e quando finisce la giovinezza? Se nel conto ci mettiamo i ragazzi tra i diciotto e i ventidue-venti­trè anni ecco che la soglia della disoccu­pazione giovanile spicca un balzo per­ché generalmente a quelle età non si la­vora: si studia, ci si guarda intorno. Se poi ci facciamo entrare anche i quaran­ta, quarantacinquenni - che si conside­rano, motu proprio , giovani - è evidente che quella soglia s’impenna ulterior­mente fino a toccare vertici del 30 per cento e oltre. Però, anche depurata dai trucchetti delle tre carte e dagli eccessi demagogici e strumentali - la menata del Cavaliere che «nega» o «ruba» il futu­ro ai giovani - la situazione non è rosea, caro Casati. La crisi economica s’è fatta sentire molto pesantemente e a risentir­ne è stato il mercato del lavoro, non sol­­lecitato, quel che è più grave,dall’inizia­tiva proprio del settore giovanile, più propenso a battere la fiacca che non a rimboccarsi le maniche.Stando all’ulti­mo rapporto Istat pare che siano oltre i due milioni - una gran bel numero - gli «inattivi», detti anche Neet, acronimo di «Not in Education, Employment or Training», ovvero che non lavora, non studia e non si aggiorna. Due milioni e passa che non vogliono non dico trovar­si una occupazione, ma nemmeno dar­si una formazione. Sono gli stessi, poi, che animano la movida tirando tardi, che vedi bighellonare per i corsi cittadi­ni, affollare le pizzerie. Conducendo vi­ta da simpatici michelacci con i soldi di papà e di mammà (e così costruendosi con le proprie mani quel futuro che il perfido Berlusca vorrebbe, invece, scip­par loro). Ci sono poi quelli che per lavorare la­vorerebbero, però solo nei settori confa­centi alle loro ambizioni e al titolo del loro «pezzo di carta». Chi, sempre al fine di costruirsi un saldo futuro, s’è laurea­to in Scienza della pace, in Scienza della comunicazione, Scienza del Benessere del cane e del gatto, Scienza del Fitness, Scienze del fiore e del verde, Scienza del­la nonviolenza, Scienze trofeistiche ­nessuna di queste facoltà è di fantasia ­pretende poi di fare il manager della pa­ce, il giornalista, l’architetto di giardini e via dicendo. E se per quei dominî non c’è richiesta,se il mercato non sente tut­to questo gran bisogno di dottori in Tro­feistica, non è che i dottori medesimi si adattino ad altro.Se ne stanno lì,in atte­sa d’essere assunti e valorizzati per le lo­ro competenze in corna di caprioli da appendere al muro. Un andazzo, que­sto, che a pensarci bene ha il suo lato positivo, caro Casati. Infatti, se tanti più o meno giovani - e sono svariati milioni - possono permettersi il lusso di stare con le mani in mano (o di attendere a oltranza la chiamata giusta), ciò signifi­ca che il Paese non è poi messo così ma­le. Mantenere gli «inattivi» a vitto, allog­gio, lavatura, stiratura e argent de po­che ha i suoi costi. Che un Paese con le pezze al sedere se non propriamente al­la canna del gas- come vogliono i repub­blicones - non potrebbe in alcun modo permettersi (in caso contrario gli «inatti­vi » andrebbero a lavorare a suon di calci nel sedere.Sistema un po’ rude, contra­rio al bon ton democratico, ma di gran­de efficacia e non di rado di notevole soddisfazione non per chi il calcio lo ri­ceve, ma per chi lo sferra). Paolo Granzotto