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 2011  maggio 27 Venerdì calendario

“Così sterminarono donne e bambini” - Le urla non si possono dimenticare. «La mi’ sorella aveva 16 anni

“Così sterminarono donne e bambini” - Le urla non si possono dimenticare. «La mi’ sorella aveva 16 anni. Urlò tanto: “Non m’ammazzate, non m’ammazzate!”. Ma poi l’ammazzarono...». Potrebbe bastare la testimonianza resa a processo dalla signora Giovanna Simoni, che il 23 agosto 1944 aveva 12 anni, per spiegare. «Mi ricordo... Altroché se mi ricordo. Arrivarono... Noi eravamo tutti a letto. La mi’ sorella la presero per il collo e la mi’ mamma disse: “Che ‘ni fai?". E loro presero e andarono via. Presero tutte le persone che c’erano, le misero al muro e le mitragliarono. Io rimasi su e vidi che buttarono come una bomba a mano, poi crollai e sentii un colpo di dietro per vedere se ero viva. Me lo porto fino alla morte, purtroppo, questo dolore». Furono due ore di spari nelle campagne, fra i canneti e i campi di mais del Padule, zona povera e contadina fra Fucecchio e Montecatini. Due ore di violenza senza pietà. «Poi ammazzarono i miei due cugini - ricorda la signora Simoni - li ammazzarono tutti e due con la cassa del fucile. Il piccino puppava la mamma e quello grande aprì gli occhi. La mamma disse: “Puppa, bimbo, puppa”. E gli diedero na’ costa sul capo...». È stato uno più gravi eccidi compiuti dai nazisti durante la seconda guerra mondiale, seguì di undici giorni quello di Sant’Anna di Stazzema. Furono trucidate 184 persone: 94 uomini, 63 donne, 27 bambini. Da ieri quella strage non è più senza colpevoli. Il tribunale militare di Roma ha condannato all’ergastolo tre soldati tedeschi, oggi novantenni e contumaci. Non hanno partecipato alle udienze. Non hanno voluto spendere neanche una parola. Sono l’ex capitano Ernst Pistor, l’ex maresciallo Fritz Jauss e l’ex sergente Johan Robert Riss. Appartenevano a diversi reparti della 26a divisione corazzata dell’esercito nazista. Un quarto imputato, l’ex tenente Gherard Deissmann, è morto a cent’anni nelle more del processo. Lo storico Poalo Pezzino ha definito quanto successo nelle campagne di Fucecchio «un’operazione di desertificazione totale». Definizione che il procuratoreMarco De Paolis ha fatto sua durante la requisitoria: «Uccisioni a sangue freddo, guardando negli occhi donne e bambini innocenti. Speriamo solo che se la sentenza verrà confermata in Cassazione, ci sia la possibilità di far scontare la pena, almeno in Germania». Anche l’inchiesta sull’eccidio di Fucecchio era finita nel famigerato armadio della vergogna. Quello con l’apertura rivolta verso il muro, dimenticato in uno sgabuzzino della procura militare di Roma, assieme a molti altri fascicoli giudicati imbarazzanti. Ma per fortuna il primo lavoro d’indagine fatto sul campo dagli ufficiali americani non è andato perduto. E adesso, dopo 67 anni, arriva un po’ di luce a illuminare i fatti. «Finalmente giustizia - dice il sindaco di Fucecchio, Claudio Toni - la cosa più importante è che si è dimostrato che non contano solo le responsabilità degli alti comandi. Qui sono stati individuati alcuni esecutori materiali della strage. Una carneficina disumana, per intimidire la popolazione e guadagnarsi una via di fuga». Il tribunale ha disposto anche un risarcimento di 13 milioni di euro a carico degli imputati e del responsabile civile, individuato nella Repubblica federale di Germania. Oggi per Fucecchio, il paese di Indro Montanelli, è un giorno di commozione. Nella zona del Padule restano le lapidi ai caduti, i casolari diroccati, ancora diverse testimonianze della strage, in una campagna diventata ricca. I nazisti avevano il loro comando a Villa Poggi Bancheri. La signora Elda Gintoli continua ad abitare poco lontano da lì, nel podere la Pineta. «Quella notte mio nonno disse che si doveva andare a dormire tutti sotto le cannelle, per stare più sicuri. Ma mio padre mi richiamò a casa e mi salvai. Tutti fummo svegliati dalle raffiche di mitra». I nazisti battevano la zona a cavallo. Non c’erano partigiani sotto le cannelle, solo contadini con i loro bambini che cercavano rifugio. Il teste Baldi: «Il giorno dopo ho visto i morti per terra, li mettevano su’ carretti sanguinosi... Poi noi figlioli c’hanno portato via...». Il teste Tognozzi: «Fecero una grande buca comune. Li buttarono tutti dentro e poi la ricoprirono. Dopo un mese, a molti non si riconosceva più il viso. Io volevo scappare. Perché ho sempre avuto il pallino, da quando ero piccolina, di correre... Corri, corri! Perché io mi sogno sempre i tedeschi alle spalle, sono su un argine e loro dietro, con il fucile...».