Angelo Aquaro, la Repubblica 27/5/2011, 27 maggio 2011
SVELATO 130 ANNI DOPO IL MIX DI PATOLOGIE CHE UCCISE DARWIN
Ci sono voluti quasi 130 anni ma alla fine anche Charles Darwin ha trovato un buon gastroenterologo. Sì, evidentemente piuttosto tardi: quando il suo male, individuato soltanto adesso, l’ha ucciso e sepolto da quel dì. Il cammino della scienza dal 1882 a oggi la dice lunga sull’unica evoluzione che il papà della selezione naturale non è riuscito a predire: quella della
diagnosi medica.
Di malattie misteriose del passato si occupa, ogni anno dal 1995, una conferenza della Maryland School of Medicine a Baltimora, dove scienziati di tutto il mondo sono invitati a cimentarsi, grazie alle conoscenze attuali, nella diagnosi delle patologie dei personaggi storici.
Ivan il Terribile non si sarebbe chiamato così, forse, se non fosse stato per quel male svelato secoli dopo: una vera e propria dipendenza dal mercurio che l’avrebbe trasformato in un drogato sanguinario. La flebile Jane Austen ci regalò invece, a quanto pare, i suoi capolavori perché umoralmente affetta da una «mucca pazza» ante litteram, la tubercolosi bovina dovuta a latte non pastorizzato. La collega Louisa May Alcott morì anche lei per quel male terribile che poco si addiceva alle piccole donne: avvelenamento da mercurio. E le allucinazioni che portarono Vincent Van Gogh al suicidio furono causate anche dai veleni presenti nel colore dei suoi quadri.
Ma tornando a Darwin: in fondo anche lui fu una vittima del lavoro. Nel suo viaggio sul Beagle, che lo portò alle Galapagos, si beccò la sindrome di Chagas. Ma questa febbre parassitaria – rivela oggi il gastroenterologo Sidney Cohen del Medical college dell’Università Thomas Jefferson di Philadelphia – fu soltanto uno degli ingredienti del cocktail che lo portò alla morte. Lo scienziato soffrì per tutta la vita di un dolorosissimo fastidio:
il vomito dopo pasto. Ma la Cvs, cioè quella Sindrome da vomito ciclica che colpisce per lo più dall’adolescenza, non sarebbe stata così devastante se non fosse appunto stata accompagnata dalla malattia contratta inseguendo le sue tartarugone. E dal terzo e fatale malanno: l’Helycobacter pylori. E cioè un batterio che, lo sappiamo da poco, può causare l’ulcera peptica.