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 2011  maggio 26 Giovedì calendario

«Io firmo sul New Yorker Ma che noia gli scrittori-vip» - David Sedaris os­s­erva il pacchet­to di Chester­field blu appe­na posato su un tavolino nel sa­lotto dell’hotel Exedra

«Io firmo sul New Yorker Ma che noia gli scrittori-vip» - David Sedaris os­s­erva il pacchet­to di Chester­field blu appe­na posato su un tavolino nel sa­lotto dell’hotel Exedra. La chiamano sala vip e lui ci si muove esattamente come un elfo domestico. Non è molto cambiato, a parte qualche ru­ga in più, da quando faceva l’assistente di Babbo Natale nelle notti di New York. Su quella storia ha scritto il suo primo racconto, quello che fa da architrave a Holidays on Ice . Le Chesterfield stanno an­cora qui, ci gira intorno con la mano, non le tocca: «Lo sai che qui non si può fumare?». «Certo. È solo per non averle in tasca. Poi usciamo e te ne offro una». «Sono quattro an­ni che non fumo più». «Co­sa? ». «Sorpreso?». «Detto da uno che ha scritto Diario di un fumatore ... ». «Lo ammetto. Mi sono arreso. Hanno vinto i proibizionisti. Non posso vive­re cercando posti dove fuma­re non è reato». Sedaris è qui a Roma perché stasera si deve vedere con Ste­fano-Benni per il Festivaldelle­letterature. Si dice così, tutto attaccato. Quello che ha l’eti­chetta di massimo scrittore umorista americano vive tra Londra e Parigi. Qualche an­no fa si è comprato con il suo compagno una casa di fronte a L’Odeon e ha scoperto che dopo anni di fame, lavapiatti, elfo, garzone e «portapacchi» ora è decisamente ricco. I suoi monologhi alla National Pu­blic Radio hanno incantato, di risate, l’America. Ciclopi , Mi di raccomando tutti vestiti bene , Quando siete inghiottiti dalle fiamme, Bestiole e bestiacce perfino in Italia, pubblicati dalla Mondadori, sono libri di culto. «E mio padre può dire con orgoglio: mio figlio scrive su New Yorker . Per una fami­glia di emigranti greci è un pas­saporto nobiltà». Confessi, la sua famiglia la odia. «No, siamo legatissimi. Sia­mo una grande tribù elleni­ca. Mia madre diceva che i greci in America sono come gli ebrei, solo molto ma mol­to meno ricchi. Perché do­vrebbero odiarmi?». Magari perché ne ha raccon­tato vizi, manie,debolezze,os­sessioni, un padre che lavora all’Ibm e costringe i figli a met­tere su un trio jazz. «Tutto quello che scrivo vie­ne prima letto da loro. Non c’è nulla che la mia famiglia lascia uscire senza censura. Il jazz era free». Com’è scrivere sul New Yorker ? «Pagano bene. Puoi dire a tutti che scrivi sul New Yorker e fai parte di un club di scrittori belli, giovani e in­telligenti ». E quando vi incontrate cosa vi dite? «Incontrarsi? Cerco di fre­quentarli il meno possibile. Vai a cena con loro. Ti rac­contano una bella storia. Quando capiscono dallo sguardo che ti interessa ti mettono una mano in faccia e stoppano: oh, non la scrive­re, questa è mia. Meglio par­lare con gli infermieri. Han­no storie bellissime e non so­no gelosi. Fidati, gli scrittori sono noiosi. E anche le scrit­trici. Non fanno altro che di­re: ieri ho scritto tre paragra­fi, però non mi convinceva­no, allora sono andata a ri­guardarmeli, due pagine le avevo scritte il giorno prima e insomma ho deciso di an­darmi a riprendere un sag­gio che diceva così e colà. Vuoi mettere gli infermieri con i loro cateteri». Guarda tutti così? «Come?» Come animali allo zoo? «Mmm. Sì. Dà fastidio?» No. «Quando vado allo zoo mi fermo sempre davanti alla gabbia delle scimmie. Litiga­no. Chiacchierano. Si strap­pano il cibo dalle mani. Si spintonano. Poi ogni tanto una sclera, urla e se la pren­de con tutte le altre. Guardo le scimmie e le stelle marine. L’opposto. Ferme. Non si muovono. Chissà cosa pen­sano le stelle marine?» Non ci sono stelle marine ne­gli zoo. «Ah, no? Comunque stanno ferme lo stesso». In Bestiole e bestiacce ha sce­l­to il pappagallo per il ruolo di giornalista. «Non posso negarlo. Ripete sempre le stesse cose. Ma è un personaggio a cui sono affezio­nato ». Qualeè la domanda chele fan­no più spesso i giornalisti ita­liani? «Se conosco qualche scritto­re italiano». Lo conosce? «Certo» Chi? «Bruno Vespa». Bruno Vespa? «Perché non ha scritto li­bri? ». Ineccepibile. «Adesso devi chiedermi: Bruno Vespa è conosciuto in America?». Esattamente così? «Non a pappagallo. Puoi an­che cambiare qualcosa». Ma Bruno Vespa è famoso in America? «Famosissimo». Famosissimo? Sul serio? «No. È una bufala. Ma i gior­nalisti italiani ci cascano sem­pre ».