Lorenzo Salvia, Corriere della Sera 26/05/2011, 26 maggio 2011
TEST INVALSI FINANZIATI DA PRIVATI. L’IDEA DELLE FONDAZIONI BANCARIE —
Le fondazioni bancarie in soccorso della scuola, sempre costretta allo slalom fra i tagli dei finanziamenti pubblici. Ed in particolare a sostegno dell’Invalsi, l’Istituto nazionale di valutazione, che tanto ha fatto discutere in questi giorni. I test dell’Invalsi servono per misurare il livello degli studenti in modo obiettivo e cioè a prescindere dal variabile metro di giudizio dei loro insegnanti. E questo per indicare alle singole scuole le reali carenze dei propri allievi, in modo da correggere (se vogliono) il tiro della didattica. Una pratica diffusa in moltissimi Paesi avanzati, che forse all’estero ha conosciuto qualche eccesso, ma che ha fatto recuperare diverse posizioni alla scuola italiana nelle graduatorie internazionali. Eppure per l’Invalsi non è un momento facile. Non solo per il boicottaggio tentato dai Cobas e da alcuni studenti delle superiori, coinvolti per la prima volta nei test proprio quest’anno. Ma perché l’Istituto è a corto di fondi, ha un organico simbolico: 70 persone di cui 50 precari, contro le 400 dei Paesi Bassi, Paese che ha meno di un terzo della nostra popolazione, solo per fare un esempio. E sta vivendo un difficile momento di transizione dopo l’addio del presidente Piero Cipollone, diventato direttore esecutivo della Banca mondiale. Da qui la proposta che arriva da Torino: «Il sistema di valutazione— dice Anna Maria Poggi, presidente della Fondazione per la scuola della Compagnia di San Paolo— è un’infrastruttura del Paese, come le autostrade, le ferrovie, la rete wireless» . E come tutte le infrastrutture ha bisogno di investimenti, anche in un momento difficile come questo: «L’unica strada — dice ancora Poggi — è seguire il principio di sussidiarietà con le fondazioni bancarie che sostengano finanziariamente l’Invalsi. Ce ne sono già 7/8 attive nel campo dell’istruzione e credo che tutte insieme potrebbero fare molto» . Parlare di privati nella scuola è sempre questione politicamente sensibile. E infatti la presidente della Fondazione della Compagnia di San Paolo chiarisce subito: «Il sistema di valutazione deve rimanere pubblico e nazionale, non c’è alcun ingresso dei privati, qui non ci può essere il mercato. Le fondazioni possono offrire un servizio al Paese senza chiedere in cambio quote di potere politico» . Quanti soldi servirebbero? Daniele Checchi, professore di Economia alla Statale di Milano, ha approfondito la questione. E spiega che se oggi i fondi pubblici a disposizione dell’Invalsi arrivano a dieci milioni di euro l’anno, ne servirebbero altri dieci per garantire un buon livello in futuro. Uno sforzo che potrebbe avere un ritorno ben maggiore visto che — spiega Eric Hanushek, professore alla Stanford University ed esperto di politiche dell’educazione — una scuola sotto la media dei Paesi Ocse ci costa 2 punti e mezzo di Pil ogni anno. E l’Invalsi cosa ne pensa? «Ben venga il sostegno di chiunque — dice l’ex presidente Piero Cipollone — perché la scuola è un patrimonio del Paese e tutti ci possono mettere qualcosa. Se poi non vogliamo la valutazione è un altro discorso: ma faremmo come quei malati che taroccano le analisi del sangue prima di entrare dal medico» .
Lorenzo Salvia