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 2011  maggio 25 Mercoledì calendario

Questo viaggio non finirà mai - Sono trascorsi quasi 34 anni dal lancio e le gemelle della Nasa «Voyager 1» e «2» godono di ottima salute

Questo viaggio non finirà mai - Sono trascorsi quasi 34 anni dal lancio e le gemelle della Nasa «Voyager 1» e «2» godono di ottima salute. Continuano ad inviare a Terra dati dagli estremi limiti del nostro sistema planetario e sono pronte al grande salto: abbandonare il Sistema Solare per entrare nello spazio interstellare, un passo senza precedenti verso l’ignoto. La «Voyager 1», dopo aver superato nel novembre 1998 la sonda «Pioneer 10», è l’oggetto costruito dall’uomo più distante dalla Terra ed il primo a lasciare il Sistema Solare. Sta viaggiando a una velocità di 17 km/s (oltre 61 mila km/h) e si trova a 117 unità astronomiche (oltre 17,5 miliardi di km): i segnali radio impiegano più di 16 ore per arrivare a noi. Dallo scorso dicembre lo strumento dedicato alla misura del vento solare, il «Low Energy Charged Particle Instrument», non ha più rilevato il flusso di particelle cariche emesse dal Sole, a significare che la sonda sta entrando nello spazio interstellare, oltre il limite di influenza della nostra stella. Per essere più precisi, «Voyager 1» si trova ai confini dell’«eliosfera», quella regione dello spazio delimitata dall’«eliopausa», un’enorme bolla dove la densità del vento solare è maggiore di quella della materia interstellare. L’avventura delle sonde è iniziata a fine Anni 70. A partire per prima è stata la «Voyager 2», lanciata il 20 agosto 1977, pochi giorni prima di «Voyager 1», che lasciò la Terra il 5 settembre. Entrambe hanno osservato Giove e Saturno. Poi «Voyager 1» ha tirato diritto verso i confini del Sistema Solare, mentre «Voyager 2», grazie ad un allineamento dei pianeti più esterni, ha effettuato un «flyby» di Urano e Nettuno. Questa sonda è l’unica ad aver osservato da vicino i due pianeti giganti. Nella zona esplorata da «Voyager 2» il flusso di particelle del vento solare non è ancora diminuito fino ad annullarsi, ma potrebbe accadere nei prossimi anni. Il fatto di avere due sonde in due punti diversi e così lontani, che faranno gli stessi esami, permetterà quindi di avere un modello più accurato del limite dell’ eliosfera. Ma sono già molti i primati e le scoperte delle due sonde. La lista include i vulcani di Io, una delle lune di Giove, gli indizi di un oceano sommerso sotto la superficie ghiacciata di un altro satellite di Giove, Europa, e, inoltre, i geyser di azoto liquido sulla luna di Nettuno, Tritone, e i violentissimi venti che su questo pianeta soffiano a 2 mila km/h. Entrambe le sonde sono alimentate da batterie nucleari e portano il «Voyager Golden Record», un disco di rame placcato d’oro registrato delle dimensioni di un vecchio «33 giri» che contiene immagini e suoni della Terra e saluti in 55 lingue, assieme alle istruzioni su come poterlo sentire, nel caso che in un lontanissimo futuro finisse nelle mani di qualche intelligenza aliena: una specie di biglietto da visita del pianeta Terra. Anche se è impossibile prevedere con precisione la distanza che le sonde dovranno ancora percorrere prima di entrare definitivamente nello spazio interstellare, molti ricercatori sono concordi nel ritenere che manchi poco: «al massimo cinque anni», secondo Edward Stone del California Institute of Technology di Pasadena, che lavora al progetto dal 1972. Tra non molto, comunque, la «Voyager 1» sarà raggiunta dalla «sorella», che si trova a 14 miliardi di km dalla Terra. Ma per avere la conferma definitiva che la «Voyager 1» ha attraversato l’eliopausa, che è una barriera dai confini flessibili, ci vorrà almeno un anno di lavoro sui dati. L’avvenimento non segnerà comunque la fine della missione, perché la Nasa continuerà a ricevere informazioni dalle sonde almeno fino al 2020-25, periodo in cui le batterie nucleari dovrebbero esaurirsi. Il lungo viaggio senza meta proseguirà ancora, anche se in silenzio, e probabilmente le «Voyager» continueranno a portare il loro messaggio anche quando il Sole sarà invecchiato e si sarà trasformato in una gigante rossa. Ma anche altre due storiche sonde della Nasa, «Pioneer 10» e «11», lanciate nel 1972 e nel 1973, continuano a far parlare di sé. È stato infatti risolto il mistero sulle cause della cosiddetta «anomalia Pioneer»: una deviazione dalla traiettoria che avrebbero dovuto seguire. E’ noto che furono le prime ad intraprendere un viaggio interplanetario al di là dell’orbita di Marte: «Pioneer 10» raggiunse Giove in 21 mesi, seguita un anno dopo dalla sonda gemella, che toccò Saturno. La prima fase delle due missioni si concluse nel ‘79 e le sonde proseguirono il loro viaggio verso la periferia del Sistema Solare, rimanendo in contatto con la Terra. Dopo aver superato l’orbita di Plutone, però, hanno rallentato, deviando di mezzo milione di km dalla rotta prevista. La spiegazione del fenomeno era stata finora oscura e per cercare di spiegarla sono state evocate cause di ogni tipo, prima fra tutte l’esistenza di qualche anomalia gravitazionale. Adesso un gruppo dell’Istituto del Plasma e della Fusione Nucleare di Lisbona ha risolto il giallo: utilizzando la tecnica «phong shading», utilizzata nei programmi di computergraphic, si è stabilito che all’ origine c’è il calore prodotto dalla strumentazione dell’antenna paraboloidale da 2,7 metri di diametro, che è sempre puntata verso il Sole e la Terra: è questa debolissima forza risultante dalla riflessione dei fotoni alla base della decelerazione delle sonde.