Isabella Bufacchi, Il Sole 24 Ore 25/5/2011, 25 maggio 2011
«CONTAGIO AD ALTRI PAESI SE LA GRECIA VA IN DEFAULT»
Un default della Grecia «sarebbe altamente destabilizzante» per l’eurozona. «È difficile prevedere l’impatto complessivo sul mercato dei capitali della ristrutturazione del debito pubblico greco ma sarà ancor più difficile controllarne le conseguenze». Di certo «avrà implicazioni significative» sullo standing creditizio, e quindi sul rating della Grecia, delle banche greche e anche degli stati della zona dell’euro con alto debito e conti pubblici disastrati che a causa dei declassamenti a catena, che potrebbero verificarsi per più gradini alla volta, «avranno vita dura a mantenersi dentro la categoria dei livelli d’investimento». Per i paesi come Italia, Spagna e Belgio il costo della raccolta salirà mentre la Bce dovrà ricapitalizzarsi per coprire le perdite di almeno 15 miliardi: una sorte che potrebbe spettare anche a qualche banca francese e tedesca.
È questo, in sintesi, l’effetto-domino del default della Grecia per Moody’s che ieri ha pubblicato un’analisi dai toni a tratti allarmanti sugli effetti di una ristrutturazione di debito «sempre più probabile». «A prescindere dalla miriade di forme che potrebbe assumere il default greco», Moody’s ritiene che questa eventualità avrebbe un impatto negativo sui rating dei paesi europei più deboli mentre gli stati forti manterrebbero le triple A, accentuando «la polarizzazione» dei rischi sovrani europei. Ieri il divario tra "core" e periferici/semi-periferici, sul differenziale del rendimento tra i titoli di stato decennali contro la Germania, si è ridotto rispetto a lunedì per Grecia (da 1.437 centesimi a 1.392), Spagna (da 253 a 242) e Italia (da 180 a 173) ma si è allargato per Portogallo (da 667 a 686) e Irlanda (da 811 a 821). I credit default swap sulla Grecia hanno toccato un nuovo record, secondo Cma, a quota 1.650 centesimi.
Le aste dei T-bill spagnoli trimestrali e semestrali hanno registrato ieri un buon livello di domanda per 2,3 miliardi assegnati, (sotto il massimo di 2,5), ma hanno fotografato l’enorme gap tra core e semi-periferici: la Spagna si è finanziata all’1,38% a tre mesi (contro 1,37% dell’asta precedente) e l’1,76% a sei mesi (contro l’1,86%), rispetto all’1,71% pagato dalla Germania per finanziarsi a due anni. Ed è proprio l’aumento del costo della raccolta per gli stati semi-periferici a preoccupare Moody’s negli scenari di dopo-default greco. «La ristrutturazione del debito greco implica una rivalutazione dei limiti dei piani di salvaggio, perchè darebbe la conferma che il default di un paese europeo è tollerato», è la tesi degli analisti. Nel caso di ristrutturazione "ordinata" del debito greco, si rafforzerebbe l’ipotesi che altri stati perseguirebbero la stessa strada. Dopo il default greco, «l’accesso al mercato Irlanda e Portogallo e forse paesi più forti come Spagna e persino Italia e Belgio si rivelerebbe notevolmente più costoso». L’ulteriore aumento del costo della raccolta «potrebbe danneggiare l’affidabilità creditizia anche delle economie meno fragili». «Gli stati più deboli (Irlanda e Portogallo ndr.) potrebbero dover fronteggiare la prospettiva di un lungo periodo di perdita di accesso al mercato dei capitali privati, richiedendo maggior sostegno finanziario dagli stati forti: crescerebbe così la prospettiva di una soluzione del tipo "chiudere la partita con un default" come nel caso della Grecia». Moody’s ha però precisato che per ora i suoi rating su Portogallo e Irlanda sono basati sulla volontà di questi stati di non ristrutturare il debito e sulla volontà degli stati europei di procurare la liquidità necessaria fino a raggiungere la sostenibilità dei conti pubblici: «ma se queste premesse dovessero essere disattese, i rating potrebbero essere declassati di più gradini». Detto questo, gli analisti di Moody’s sono convinti che i politici europei faranno di tutto per evitare la ristrutturazione di debiti sovrani a catena nell’eurozona periferica» che avrebbe «gravi conseguenze sistemiche» e rischierebbe di far scattare le garanzie dell’Efsf.
Per Moody’s la ristrutturazione del debito porterebbe il rating sovrano greco alla "C-Ca-Caa" dove rimarrebbe a lungo, senza escludere un secondo default nel caso in cui il primo non riuscisse a ridurre adeguatamente lo stock del debito (del 50% almeno). Le banche greche dovranno a quel punto essere ricapitalizzate per coprire le perdite sul default e la Bce dovrà continuare a fornire loro liquidità: in caso contrario, il default di qualche banca greca non è da escludersi. La Bce, a causa del possesso di circa 40 miliardi di euro titoli di stato greci e di 50 miliardi di collaterale con debito greco, potrebbe incorrere in perdite dirette pari a 15 miliardi di euro: «un numero che potrebbe salire, e di molto, nel caso di default di qualche banca greca». Quanto alle banche europee, nel caso di default e taglio del capitale al 50%, le banche tedesche e francesi rischierebbero perdite pari a 13 e 10 miliardi di euro.