Daniele Martini, La Stampa 25/5/2011, 25 maggio 2011
SARA’ SCAMPIA A DECIDERE IL PROSSIMO SINDACO DI NAPOLI
E’ una scenetta semplice, ma la gente se la centellina senza fiatare. Metà pomeriggio, tra le case-alveare di Marianella, estrema periferia di Napoli, sta per arrivare Luigi De Magistris, il candidato progressista rimasto in campo nella sfida per il sindaco di Napoli. Lui, come sempre - anziché a bordo di un’autoblu - si presenta a cavallo di uno di quei scooteroni che piacciono ai ragazzi, un Kymko 300. Scende, si toglie il casco integrale e ravvia i capelli ricci. Lo guardano tutti in rispettoso silenzio. La gente scruta quel signore che potrebbe diventare sindaco: è un uomo alto, massiccio ma con una faccia mediterranea; indossa una giacca blu e la camicia bianca ma è senza cravatta. Rispettato il rito dell’arrivo, dalla folla si alza un urlo: «Amm’a sfunna’!». Segue applauso liberatorio. A quel punto De Magistris può sciorinare le sue battute in dialetto, le smorfie, quel suo modo di fare da ragazzone napoletano cresciuto, che ha contribuito al suo successo al primo turno in una città che oramai sembrava offlimits per la sinistra.
Siamo a Marianella, quartiere popolare a metà strada tra Scampia e la discarica di Chiaiano. La passeggiata di De Magistris non è una delle tante, doverose iniziative elettorali: domenica e lunedì, le elezioni si vincono e si perdono in quartieri come questo. Al primo turno, da queste parti l’ex pm è andato male. A Marianella-Chiaiano, De Magistris ha ottenuto il 19,5% ben 8 punti in meno rispetto alla media cittadina. E anche qui - così come nei quartieri nei quali il voto è un investimento, in attesa di un favore dal politico - è andato forte il candidato della destra, l’imprenditore Gianni Lettieri: 42%, 4 punti in più della media. Curiosamente - ma non troppo per una città come Napoli - De Magistris ha preso un botto di voti nei quartieri "bene": al Vomero, dove vive l’alta borghesia, l’ex pm ha sfiorato il 40% contro il 28,7% di Lettieri.
Continuano a chiamarlo il nuovo Masianello, ma è una pigra sintesi giornalistica che glissa su dettagli decisivi: De Magistris non è un ex pescivendolo alla testa di una plebe affamata, ma l’ultimo rampollo di una dinastia napoletana. Magistrati sono stati suo padre, suo nonno e suo bisnonno. E dunque i borghesi napoletani progressisti (e non solo) l’hanno "riconosciuto" come uno di loro.
Ma ora per vincere, De Magistris sa di dover ricostruire, sia pure con parole d’ordine molto diverse dal passato, lo stesso blocco sociale - alta e piccola borghesia, plebe, ceti popolari - che negli anni della Prima Repubblica e poi in quelli di Bassolino è servito per essere eletti e guidare Napoli.
Come osserva un raffinato politologo napoletano come Mauro Calise, il fenomeno nuovo di queste elezioni è stato «il ritorno del voto d’opinione», dopo che per anni era stato «soppiantato dal ritorno dei partiti e oscurato dal voto plebiscitario al leader e contro il leader». E poiché anche «lo sprint di De Magistris» si fonda sul voto d’opinione, la sua scommessa è proprio quella di provare a sfondare nei quartieri dove il voto è meno "libero". Ma proprio la passeggiata di ieri pomeriggio a Marianella dimostra che non sarà semplice: dietro l’ex pm si è subito formato un piccolo, spontaneo corteo di una cinquantina di persone, ma dalle finestre si affacciavano tante facce ostili.
Sfondare nei ceti popolari e piccolo-borghesi vicini al centrodestra dunque non è facile e anche per questo motivo, dopo il successo al primo turno, (128mila voti, sessantamila preferenze ad personam, con le liste a lui collegate ferme a quota 70mila, il 27,5% dei voti) e dopo una campagna fondata su un doppia ostilità, no a Cosentino e no a Bassolino-Iervolino, da qualche giorno De Magistris si sta muovendo con una duttilità sconosciuta alla sua inchiesta più famosa, quella "Why not" che tante censure di merito gli è costata. Ha intrecciato colloqui informali che hanno già fruttato simpatie davvero inattese. Molto calde. Come quella di Antonio D’Amato. L’ ex presidente di Confindustria, un rapporto anticamente conflittuale con Lettieri, non usa perifrasi: «In questa campagna elettorale non solo si è verificata una rinuncia ad un modo feudale di intendere la politica, ma si è avviata anche una rinascita di un senso civico» ed «è in corso una partita fondamentale, quella tra la legalità e l’illegalità della camorra». D’Amato arriva a sbilanciarsi: «Quel che a me piace di De Magistris è il progetto di una buona amministrazione ordinaria, sulle cose concrete». Se se le parole di D’Amato alludono ad un’intesa con un parte del mondo imprenditoriale napoletano, De Magistris non si fa scrupolo ad aprire al Terzo polo e con una semantica antica annuncia: «Nella mia giunta ci saranno liberali, moderati e neppure un assessore di Rifondazione comunista...».