Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  maggio 25 Mercoledì calendario

«Vogliamo guidare» La rivolta delle donne inizia dalla patente - «Io guiderò» è il grido di battaglia in rete delle donne saudite, che stanno organiz­zando una clamorosa prote­sta

«Vogliamo guidare» La rivolta delle donne inizia dalla patente - «Io guiderò» è il grido di battaglia in rete delle donne saudite, che stanno organiz­zando una clamorosa prote­sta. Il 17 giugno vogliono met­tersi al volante e guidare da sole. Altro che le rivolte nei paesi arabi scoppiate negli ul­timi mesi. L’Arabia Saudita è l’unico paese al mondo dove le donne non possono guida­re. La protesta, che su Face­book ha raccolto 12mila fan, preoccupa seriamente l’ultra­conservatore regno del Gol­fo. A tal punto che la vigile po­lizi­a religiosa ha arrestato do­menica scorsa, Manal al Sha­rif, 32 anni, una delle eroine di «io guiderò». La donna ave­va osato mettersi al volante, mentre il fratello stava addi­rittura a guardare seduto al suo fianco. Pure lui è finito per qualche ora dietro le sbar­re, ma la sorella ribelle dovrà passare almeno cinque gior­ni in cella. Nella chiusa socie­tà saudita una donna che è stata in galera viene di fatto disonorata e ha difficoltà a trovare marito. Manal l’hanno arrestata do­po aver guidato orgogliosa­mente, ben due volte, nella città di Damman per incorag­giare la partecipazione alla protesta delle donne al volan­te fissata il 17 giugno. «Il suo arresto è un chiaro monito che non possiamo organizza­re una protesta del genere, in particolare su Facebook» ha dichiarato Wajiha Howeidar, un’amica, dopo aver filmato la sfida al volante di Manal. La monarchia teme che pos­sa essere una scintilla per scossoni più ampi ed insidio­si, organizzati via internet, co­me la altre rivolte arabe. In Arabia Saudita le donne non votano, lavorano solo con l’esplicito permesso di padri o mariti e non vanno in giro senza un accompagnato­re maschio. In questo mondo talebano la protesta di «io gui­derò » del 17 giugno ha solle­vato aspre polemiche e tifo da stadio. I mullah più conser­vatori incitano la polizia reli­giosa ad aumentare la vigilan­za contro le donne al volante. I vignettisti si sono scatenati disegnando un mazzo di chia­vi di auto agganciate ad una bomba a mano. In poche ore è stata raccolta in rete una pe­tizione con 600 firme per Ma­nal. In Arabia Saudita iniziati­ve del genere sono molto ra­re. Un mullah più moderato ha fatto notare che ai tempi di Maometto le donne andava­no in giro a dorso di mulo. Una pratica ben più difficile, secondo il religioso, rispetto alla guida di un automobile. Le donne di «io guiderò» de­nunciano che nel regno ci so­no 800mila autisti stranieri, che costano circa 250euro al mese e pesano sulla classe meno abbiente. L’eroina del volante arresta­ta domenica non è sola. Già a maggio, Najla Hariri, 45 anni, era stata avvistata alla guida di un’automobile a Jedda, im­portante città sul Mar Rosso. La leggenda vuole che abbia guidato impunemente alme­no quattro volte. «Non esiste alcuna legge specifica che proibisce alle donne di met­tersi al volante- sostiene Naj­la - E’ solo una convenzione sociale». In realtà nelle zone desertiche sono diverse le donne che si mettono al vo­lante. Altre lo fanno grazie a finestrini oscurati. «Io guide­rò », convocata per il 17 giu­gno, è una protesta che non si ferma, anche se le autorità saudite cercano di oscurarla su internet. Il decalogo della «rivolta» al volante rilanciato da Facebook è dettagliato: «Vogliamo guidare per ac­compagnare i nostri figli a scuola. Vogliamo che il regno saudita rilasci la patente an­che alle donne, come in tutti gli altri paesi al mondo. Vo­gliamo vivere come qualsiasi altro cittadino senza essere umiliate ogni giorno dalla di­pendenza di un autista per i nostri spostamenti».