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 2011  maggio 24 Martedì calendario

Nel quartier generale dei revisori «Ma non avete bisogno di aiuti» - È partito da qui, da uno dei grattacieli del quartiere finanziario di Canary Wharf, il «giudizio» di Standard&Poor’s che ha rivisto al ribasso le prospettive sul debito pubblico italiano

Nel quartier generale dei revisori «Ma non avete bisogno di aiuti» - È partito da qui, da uno dei grattacieli del quartiere finanziario di Canary Wharf, il «giudizio» di Standard&Poor’s che ha rivisto al ribasso le prospettive sul debito pubblico italiano. Intorno svettano le sedi di colossi del capitalismo anglo-finanziario come Hsbc, Citi e Barclays. O, ancora, della concorrente Fitch e della multinazionale del greggio BP, quest’ultima «in coabitazione» nello stesso palazzo di S&P’s. Dove, negli ultimi giorni, è stata messa ai voti e quindi approvata la decisione di porre sotto osservazione Bot e Btp. A scegliere è stato un comitato di cinque-dieci analisti, come è prassi per tutte le valutazioni. La mossa è stata spiegata punto per punto da Eileen X. Zhang, analista primario di S&P’s sul rating dell’Italia, e dal collega Frank Gill, responsabile per i rating sovrani in Europa, ieri pomeriggio a voce e in un documento fresco di stampa. «Non ci aspettiamo che l’Italia chieda assistenza all’Unione Europea o al Fondo monetario internazionale» si legge nel documento, intitolato «Ecco perché abbiamo rivisto le prospettive italiane da stabili a negative» . E tra questi «perché» c’è il rischio, giudicato «crescente» , che il Pil italiano aumenti a un tasso medio tra lo 0,7 e lo 0,8%tra il 2011 e il 2014: praticamente la metà delle stime governative (anche se la previsione data come la più attendibile da S&P’s resta all’ 1,3%). E una diversa crescita ha effetto sulle entrate fiscali. Dietro i rischi sul versante della crescita— raccontano gli analisti di S&P’s— c’è il nodo del lavoro, in un mercato descritto come troppo rigido e troppo maschile; mentre, sul fronte del debito, varrebbero addirittura 300 miliardi di euro le obbligazioni in scadenza quest’anno che lo Stato cercherà di rifinanziare. Ma— lo hanno ripetuto anche ieri gli stessi professionisti del rating — l’Italia avrà pure il secondo debito pubblico (sul Pil) più grande dell’Eurozona, eppure non è paragonabile ai malati di oggi dell’Unione monetaria: nel Bel Paese le aziende sono creditrici nette, le banche si trovano in una situazione migliore di tanti concorrenti esteri e gli squilibri commerciali non sono critici come in altre nazioni. E se l’Italia ha bisogno di riforme, anche alla S&P’s è in arrivo qualche cambiamento: la società ha dato il via a un processo di revisione dei criteri per l’assegnazione rating sovrani. Più trasparenza — promettono dagli uffici di Londra— ma con gli stessi fondamenti e lo stesso rigore. Giovanni Stringa