ANDREA SCANZI, La Stampa 22/5/2011, 22 maggio 2011
Meno ricchi e più felici: si fa così - Dal Pil al Bil. Per misurare la felicità di un popolo non basta più il tradizionale Prodotto Interno Lordo, l’indicatore del benessere ideato da Simon Kuznetz
Meno ricchi e più felici: si fa così - Dal Pil al Bil. Per misurare la felicità di un popolo non basta più il tradizionale Prodotto Interno Lordo, l’indicatore del benessere ideato da Simon Kuznetz. Perché lo dicono anche i proverbi, la ricchezza non misura la felicità, e allora cosa dobbiamo misurare? A proporre il Benessere Interno Lordo come efficace indicatore di felicità ci prova la Provincia di Pesaro, che dal 27 maggio al 5 giugno vara la prima edizione del Festival della Felicità. Matteo Ricci, 36enne Presidente di Provincia di Pesaro e Urbino, la definisce «una dieci giorni di incontri, confronti e spettacoli, per lanciare l’idea di sostituire il PIL con un indice che meglio rappresenti lo stato di Benessere di una Nazione». Pesaro assurge a «capitale della felicità» perché - puntualizza Ricci - «Il presidente dell’Istat Enrico Giovannini ha incaricato la nostra provincia, che vanta un alto tasso di benessere, di essere il «project leader» per la definizione di un nuovo aggregato valutativo di Benessere in Italia». Ad aiutarlo, fra gli altri, Roberto Benigni che sta preparando un suo monologo sulla felicità, concetto che per lui è una sfida da sempre, se è riuscito a rendere plausibile, per un film sui campi di concentramento, un titolo come «La vita è bella». L’idea del festival parte dal discorso pronunciato il 18 marzo 1968, alla Kansas University, da Robert Kennedy. «Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi. Il Pil non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta». Kennedy, fratello di John Fitzgerald, sarebbe stato assassinato tre mesi dopo. La filiazione kennedyana del Festival è sottolineata dalla presenza della primogenita del senatore Bob: Kathleen Hartington Kennedy Townsend. Del resto il dibattito sulla felicità è diventato di primo piano nelle agende dei politici di tutto il mondo. Il premier inglese David Cameron ha deciso di misurare periodicamente la felicità dei suoi concittadini. Accanto al Gdp, l’equivalente del Pil, Cameron ha inserito il Gwb (General wellbeing, benessere generale). Concordi i Premi Nobel Joseph Stiglitz e Amartya Sen, che esortano da tempo i paesi occidentali a non prendere in considerazione solo i parametri economici per misurare lo sviluppo. L’idea del Gwb è stata concretizzata per prima in Bhutan. Un paese abbarbicato sull’Himalaya, minuscolo e poverissimo, ma - secondo una ricerca dell’Università di Leicester - una delle dieci nazioni più contente della Terra. In Italia Farefuturo, vicina a Gianfranco Fini, ha sollecitato una tavola rotonda sui limiti del Pil. Beppe Grillo cita da anni il passaggio di Kennedy come dimostrazione che l’aumento della produzione di beni non è indice di progresso. Donato Speroni, autore de «I numeri della felicità» (Cooper Edizioni), ricorda che la felicità «è espressa dalla Scala di Cantril, che chiede a un campione rappresentativo della popolazione di rispondere alla domanda: “Su una scala da zero a dieci, quanto sei soddisfatto della tua vita”? L’indagine comprende diverse varianti e può essere messa in correlazione con alcuni fattori determinanti del benessere (salute, sicurezza, relazioni con gli altri), ma è l’unica che cerca di cogliere la percezione di soddisfazione complessiva». Nel maggio di un anno fa, gli italiani si erano attribuiti un «6,4»: 36esimi su 150 paesi, alla pari con Argentina e dietro le realtà europee. Nando Pagnoncelli, tra gli ospiti del Festival, sottolinea la «divaricazione italiana tra percezione del benessere personale e quello generale. Tre italiani su quattro si dicono soddisfatti della loro vita, ma hanno una percezione negativa e quasi disfattista del paese». Gli incontri a Pesaro hanno nomi eloquenti: «Note di felicità», «Biofelicità», «La ricerca della felicità». Un profluvio di gioia in tempi poco inclini al sorriso. E tanti ospiti: Gianna Nannini, Marcello Veneziani, Federico Moccia, Marcello Sorgi, Mauro Corona, Tarcisio Bertone. Evento-Ossimoro? No. Nel saggio «Economia della felicità» (Feltrinelli), Luca De Biase ricorda un taxista ghanese a New York che chiosava: «Gli americani sono matti. Soldi. Soldi. Soldi. Niente felicità». Un’ottica capovolta, l’africano che compatisce l’opulenza Usa. A conferma che il concetto di felicità resta labile e che Bob Kennedy, Bhutan e ora Pesaro pongono domande concrete. L’unica cosa certa? Come dice Zygmunt Bauman, meglio essere felici che infelici.