STEFANO LEPRI, La Stampa 22/5/2011, 22 maggio 2011
Il nodo irrisolto del debito e le molte ricette per ridurlo - Di idee in circolazione non ne mancano, per far crescere l’economia italiana più in fretta e tranquillizzare i mercati riducendo il debito pubblico
Il nodo irrisolto del debito e le molte ricette per ridurlo - Di idee in circolazione non ne mancano, per far crescere l’economia italiana più in fretta e tranquillizzare i mercati riducendo il debito pubblico. Hanno più o meno tutte un difetto: serve una maggioranza solida per trasformarle in leggi di riforma. Lo stesso si dica per i nuovi tagli alle spese che dovranno, come concordato con l’Europa, condurci al pareggio di bilancio nel 2014. Prendiamo ad esempio la correzione di quel «mercato del lavoro duale», tra precari e dipendenti fissi, che priva di prospettive i giovani, e in Spagna ne sta spingendo tanti in piazza. Il Fondo monetario internazionale appena giorni fa ci ha raccomandato di intervenire, riducendo le tutele dei fissi per aumentarle ai precari; ma nessuno ha raccolto, né i sindacati né la Confindustria, il governo tanto meno. Prendiamo, ancora, gli investimenti in infrastrutture, di cui l’Italia appare sotto-dotata rispetto ai Paesi vicini: ne chiedono un po’ tutti, eppure nel 2012 le spese per investimenti pubblici, avverte la Banca d’Italia, scenderanno «al valore più basso degli ultimi decenni». Se si volesse accrescere questi fondi occorrerebbero tagli ancora più severi alle spese correnti; quando già, secondo il Fmi, i tagli in corso potrebbero esercitare un effetto di freno sulla crescita più intenso di quello previsto dal governo. Prendiamo infine la riforma fiscale, invocata da molti dentro la maggioranza e fuori. Nei piani di Giulio Tremonti c’è un grandioso riordino che sposti il peso «dalle imposte dirette alle imposte indirette» ossa meno sul lavoro e sull’impresa, più sui consumi. Nel tempo sarebbe utile, perché accrescerebbe la competitività. Nell’immediato farebbe salire i prezzi: scambio difficile da proporre al Paese se non c’è un consenso politico forte. Richiede consenso cancellare tutti gli sgravi e le agevolazioni mirate, pure nei piani del ministro. Certo è che un Paese molto indebitato non può risollevarsi spendendo; la via del maggior deficit è bloccata. Però se l’economia continua ad andar male, ripagare i debiti diventerà via via più difficile. Nelle contese politiche, ci si accusa volta a volta di dimenticare l’una o l’altra di queste due verità. Siamo un Paese stabile nell’immediato, per il momento immune al contagi di Grecia Irlanda e Portogallo, eppure con un futuro incerto, fragile. Nel suo rapporto appunto di dieci giorni fa, il Fmi individua il rischio di «un altro decennio di stagnazione» dopo che «negli ultimi dieci anni il prodotto lordo pro capite non è cresciuto, una delle prestazioni peggiori tra tutte le economie avanzate». I segni di un possibile declino si moltiplicano; sempre pro capite , il potere d’acquisto è addirittura calato del 4% da quando, nel 2001, si sognava un «nuovo miracolo». Arduo ridurre il debito se l’economia non avanza «per motivi profondamente radicati» sempre nelle parole del Fmi. Quanto ai conti pubblici finora, come ricorda Tremonti, gli impegni sono stati mantenuti, in qualche caso anzi con risultati un po’ migliori degli obiettivi, e migliori rispetto a molti altri Paesi dell’euro. Tuttavia, sulla capacità di tenere la rotta, raggiungendo anche gli obiettivi futuri, non è solo Standard & Poor’s ad avere qualche dubbio. All’Europa si è promesso di far scendere il deficit pubblico scenda sotto il 3% nel 2012 e di farlo scomparire o quasi nel 2014. Il ministro dell’Economia ieri ha riaffermato l’obiettivo più lontano; il più vicino, nelle previsioni correnti sia della Commissione europea sia del Fmi, senza nuove misure sarà mancato. Nel mondo politico già corre la chiacchiera che la manovra economica d’autunno sarà dura. Trovare qualche miliardo per far quadrare bene i conti del 2011 non dovrebbe essere difficile; diverso il caso del 2012. Al momento, Tremonti continua a sostenere che il grosso è già stato fatto con l’ultima manovra triennale. Però sia la Banca d’Italia sia gli uffici europei temono soprastime delle entrate e sottostime delle spese. Di qui vengono i rischi per l’autunno.