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 2011  maggio 21 Sabato calendario

Siria, i tank fanno strage Sanzioni Ue contro Assad - Siriano, tranquillo, Assad se ne andrà, e prima di Gheddafi»

Siria, i tank fanno strage Sanzioni Ue contro Assad - Siriano, tranquillo, Assad se ne andrà, e prima di Gheddafi». Lo slogan coniato sul sito Internet di riferimento, Syrian Revolution 2011, è stato scandito ieri, nel decimo Venerdì della Rabbia, dall’estremo Nord all’estremo Sud della Siria. Uno sforzo organizzativo imponente, visti i mezzi, per tentare di dare finalmente una spallata in grado almeno di far traballare il regime di Bashar al Assad. Da Qamishli, all’Hawran, dalle regioni curde a quelle dei drusi, e alle città da due mesi in prima linea, Homs, Hama, Banias, Damasco, la rivoluzione siriana ha tentato un salto di qualità, anche sull’onda delle parole del presidente americano Obama: «Bashar Assad ha due strade davanti a lui: o guida la transizione o si fa da parte». E mentre la Ue si preparava a inasprire le sanzioni, che per la prima volta prenderanno di mira lo stesso presidente siriano. Il 46enne raiss ha per ora scelto la strada della repressione. I carri armati sono stati nuovamente dispiegati nei punti critici della protesta. Le moschee occupate dalle forze di sicurezza. Dispersi i manifestanti che si concentravano per la preghiera di mezzogiorno. Il bilancio è pesante. Secondo la tv panaraba Al Arabiya, e attivisti per i diritti umani interpellati dall’agenzia internazionale Afp, i morti sarebbero almeno una trentina, compreso un bambino. A Homs le vittime sarebbero nove. Sette nella cittadina di Naaman, altre due a Daraa, una a Daraya, nell’estrema periferia di Damasco, una nella città portuale di Latakia. Secondo i siti rivoluzionari, il bilancio complessivo, da quando sono cominciate le proteste a metà marzo, è di 850 vittime. Oltre cinquemila le persone arrestate. Ci sarebbero però anche alcuni soldati e uomini delle forze di sicurezza uccisi, perché le frange più dure della protesta ribattono colpo su colpo, e, secondo il regime, sono infiltrate da «gruppi terroristici». Su Syrian Revolution le dichiarazioni ieri erano di fuoco: «Damasco e Aleppo stanno preparando una bella sorpresa per il regime e gli shabbiha. Non ce ne staremo, non lasceremo che ci arrestino, saremo come un colpo alla gola». Gli shabbiha , i picchiatori del regime, spesso assoldati, secondo l’opposizione, tra carcerati e violenti, sono i più odiati, anche perché si infiltrano tra i manifestanti, in abiti civili, «colpiscono a tradimento. Un copione già visto in Iran nel 2009, con i famigerati basiji , e in Egitto. Il riferimento a Damasco e Aleppo era invece poco più che una speranza, perché le due metropoli del Paese, che conta in tutto 23 milioni di abitanti, finora non sono state investite in pieno dalle proteste, che invece in Tunisia e in Egitto erano marciate rapidamente dalle province alla capitale. Differenza dovuta probabilmente alla realtà di un Paese estremamente composito, molto meno «nazione» dell’Egitto. E infatti il tentativo di ieri era anche quello di coinvolgere le minoranze. Sui cartelli che inneggiavano alla libertà erano scritti in curdo («azadi») oltre che in arabo («hurriya»). I curdi, concentrati nel Nord, sono oltre il dieci per cento della popolazione, e la parte più discriminata dal regime egemonizzato dalla minoranza alawita, della corrente sciita dell’Islam. E il movimento ha coinvolto anche la minoranza, sunnita, dei drusi, che vivono soprattutto al confine con il Libano e la Giordania. I manifestanti hanno occupato le strade di Suwayda, città del Sud a maggioranza drusa, circondata dai tank, come il villaggio di Wadi Khaled. Un nuovo fronte per l’uomo forte di Damasco.