FRANCESCO SEMPRINI, La Stampa 21/5/2011, 21 maggio 2011
“Aiuti economici alle rivolte Barack apre una nuova era” - L’ approccio di Obama sul Medio Oriente non rappresenta un cambiamento enorme anche se aumenta le pressioni nei confronti di Israele»
“Aiuti economici alle rivolte Barack apre una nuova era” - L’ approccio di Obama sul Medio Oriente non rappresenta un cambiamento enorme anche se aumenta le pressioni nei confronti di Israele». A dirlo è Charles Kupchan esperto di affari internazionali e guru del Council of Foreign Relations, secondo cui il Presidente è stato lacunoso nel dire cosa gli Stati Uniti faranno per rilanciare il processo di pace». Cosa pensa della posizione espressa da Obama nel suo discorso di giovedì? «Non rappresenta un cambiamento così grande nell’approccio politico al processo di pace. Ripartire dai confini del 1967 è un modo per aumentare le pressioni su Israele e di guadagnare maggior leva, ma in se non si tratta di un cambiamento bomba». Quindi, a suo parere, è stato poco incisivo? «Il presidente ha voluto dire che lo status quo è inaccettabile, senza tuttavia addentrarsi in strategie e soluzioni specifiche. Si è limitato a dire che è interesse di entrambi tornare al tavolo del negoziato e fare progressi. Non è stato sufficientemente dettagliato su cosa gli Usa faranno per portare le parti al tavolo. Ha detto che si deve andare avanti ma non ha detto come o quando». È la sola critica che si può fare al suo discorso? «L’altra potrebbe essere quella di non essere stato abbastanza aggressivo nell’approccio politico alla promozione della democrazia». Qual è il messaggio che emerge su Medio Oriente e Nord Africa? «Il Presidente ha voluto ribadire in maniera chiara il suo sostegno ai movimenti che si batto per la democrazia. È stato molto più dettagliato sul piano economico che non su quello politico enumerando una serie di iniziative, come il condono del debito e il sostengo ai poveri e alle liberalizzazione. Lo è stato meno quando ha dovuto spiegare che tipo di supporto politico gli Stati Uniti hanno intenzione di dare a questi Paesi». Sono emersi quattro punti fondamentali il primo dei quali è il sostegno alle riforme. Cosa ne pensa? «È forse l’aspetto più chiaro dell’approccio politico di Obama ovvero il sostegno a quelle riforme necessarie per garantire la democrazia e la libertà di un popolo. È ciò che Obama chiede in cambio del sostegno economico. Ma è un percorso lento e complesso». Il secondo pilastro è la sfida alle dittature. A chi si riferisce in particolare? «Il suo è un messaggio diretto a tutta la regione, i regimi autoritari devono iniziare un cammino di riforme politiche perché lo statusquo non è più accettabile. Ed è stato assai chiaro nello spiegare che ci sono alcuni requisiti minimi da rispettare sui quali gli Stati Uniti non intendono passare oltre. Tra questi non ricorrere alla violenza contro chi prende parte a manifestazioni e proteste e il rispetto di diritti umani e civili imprescindibili». Questo vale per chiunque? «Nel caso della Libia gli Usa e gli alleati europei sono stati chiari nel dire che il comportamento di Gheddafi non era più ammissibile e per questo si è intervenuti militarmente. Un segnale molto chiaro è stato inviato anche alla Siria tanto che sono state approvate una serie di sanzioni alcune delle quali erano rivolte allo stesso Assad. Tuttavia in questo caso il Presidente parla e agisce in maniera molto attenta, cauta direi. Anche nel caso di Assad non ha mai parlato di dimissioni. E lo stesso linguaggio lo sta usando nel caso del Bahrein. Il timore dell’amministrazione è infatti che un collasso di quei Paesi possa ledere gli interessi americani nella regione». Quindi diventa strategica la leva economica? «Questa è stata la parte più concreta del discorso anche perché definire una strategia economica per la regione è assai meno complicato. In sostanza Obama dice che gli Usa sono al fianco di chi chiede dignità e libertà, ma quando deve spiegare cosa fare per avviare le riforme, le risposte sono assai più chiare sul fronte economico che politico». La dottrina Obama segna quindi una nuova era? «Obama comprende che le dinamiche mondiali sono cambiate, ci sono culture assai diverse e governi differenti tra loro. Per questo piuttosto che proseguire sulla strada precedente, ovvero pretendere che alcuni Paesi adottino dei modelli di democrazia, Obama punta al rispetto di certi principi come la libertà e il rispetto di diritti umani. È un nuovo modo di promuovere la democrazia con un approccio bottom-up ovvero che parte dal basso, dal popolo, e non dall’imposizione esterna».