FRANCESCA PACI, La Stampa 21/5/2011, 21 maggio 2011
I RAGAZZI SENZA FUTURO
È il primo giorno che vengo qui a Puerta de Sol, non immaginavo che saremmo stati così tanti» esclama la ventenne Sara Quiroga tirando fuori dallo zainetto il lenzuolo bianco su cui ha scritto col pennarello «The Times they are @-changing», i tempi stanno cambiando.
T-shirt con il simbolo della pace sul petto, la ciocca rosso fuoco sui capelli corvini corti, un lavoretto da McDonald’s da 500 euro al mese e poche speranze di trovarne in seguito uno migliore, Sara ha aggiunto la chiocciola simbolo di Internet al titolo della canzone di Bob Dylan imparata dai genitori e si è unita alle migliaia di spagnoli che dal 15 maggio occupano Puerta del Sol, la centralissima piazza madrilena dove la notte di San Silvestro i tradizionalisti celebrano la mezzanotte cercando d’inghiottire un chicco d’uva ogni rintocco.
Oggi l’orologio del cambiamento è muto, sommerso dalle voci dei manifestanti che intonano a rotazione l’antico tam-tam della rivoluzione «el pueblo unido jamas sera vencido» e nuovissimi jingle cantilenati tipo «Se non ci lasciano sognare non li faremo dormire». Per il sesto giorno consecutivo gli «indignados», come Sara e gli altri si sono autobattezzati, protestano contro le riforme «antisociali» adottate dal premier socialista José Luis Zapatero per fronteggiare la crisi e ripetono che la Spagna non è un Paese per giovani.
Sono passati solo quattro anni dal miracolo iberico, quando sul Paese prodigio d’Europa sembrava splendere eternamente il sole. Eppure, spiega il restauratore quarantunenne Manuel Bajatierra, l’orizzonte si è allontanato vertiginosamente: «Io, come quelli della mia età, riesco ancora a campare. Guadagno poco più di mille euro al mese e ne spendo la metà per cinquanta metri quadrati nel quartiere periferico di Bajen, ma tiro avanti. Le nuove generazioni invece non hanno prospettive, zero, proprio come quei ragazzi egiziani e tunisini, cui non a caso s’ispirano, che a un certo punto hanno preso a calci i tiranni». Alle sue spalle svolazza un grappolo di palloncini azzurri con scritto sopra «Nosotros la joventud sin futuro».
Com’è successo che da un giorno all’altro la Spagna si ritrovasse in casa una, dieci, cento piazza Tahrir, una spontanea protesta popolare che da Madrid a Siviglia, da Granada a Salamanca, da Valencia a Barcellona, dilaga in strada sul modello della primavera araba? Se lo chiedi a Abrham M., 23 anni, neolaureato in architettura, afferri una chiave, una delle mille: «Non sappiamo neanche noi cosa è successo, ci siamo ritrovati qui, fortissimi. L’unica cosa certa è che in quattro anni tutto è cambiato, a cominciare da un bicchiere di birra che costava 1,5 euro e ora ne costa tre». Suo fratello Jaime, racconta, ha quarant’anni e vive in una casa con la ragazza e altri due amici, troppo orgoglioso per tornare da mamma ma nell’impossibilità di affrontare un affitto per un bilocale nella capitale del boom edilizio.
Anche in Egitto, nei mesi precedenti alla rivoluzione, i ragazzi confessavano la frustrazione di non poter neppure immaginare di sposarsi. Puerta del Sol non è piazza Tahrir, le ragazze in canotta e short succinti avrebbero destato a dir poco diffidenza al Cairo, ma la stanchezza per l’immobilismo della politica e la corruzione dei politici, la percezione d’aver poco da perdere, la determinazione a voltar pagina è la stessa. Identica.
«Ricordo la crisi del ‘92, fu dura, ma almeno noi andavamo a Dublino, a Londra, invece adesso gli studenti non trovano lavoro neanche lì» ammette il grafico quarantaduenne José Arias, mentre dalle impalcature del cantiere «Sanjose Construcioro» un paio di dimostrantiequilibristi srotolano lo striscione «Nosotros al sol», noi al sole. Sembra un secolo fa. Secondo uno studio della think tank italiana Vision, gli spagnoli sono passati dal primato di popolo europeo più fiducioso nel proprio governo (oltre il 50%) a quello di leader dei delusi (meno del 20%).
«Questo governo pretende di fronteggiare una crisi che non ha creato ma sembra fuori dalla realtà» nota l’economista Fernando Gutiérrez Rizaldos snocciolando i dati di marzo: 4.910.200 disoccupati, il 20,7% della popolazione di cui il 90% sotto i 35 anni. E pensare che nel 2007 la percentuale era intorno all’8,1%, la stessa della Francia, oggi ferma alla metà.
Cosa ha abbattuto l’astro Zapatero? Gli esperti citano la bolla immobiliare, l’accanimento dei mercati, le banche avarissime nel concedere prestiti. Eppure qui a Puerta del Sol, la piazza della «gente in movimento» che a suo tempo stregò Edmondo de Amicis, la sensazione è che le colpe non siano astratte, congiunturali.
«Non vogliamo che torni la destra liberista ma siamo stanchi di questa sinistra che non ci rappresenta» afferma Ana, 26 anni, precaria in uno studio commerciale, la bandiera egiziana comprata in piazza Tahrir due mesi fa avvolta sulla testa a mo’ di turbante. Gli «indignados» promettono di restare a Puerta del Sol almeno fino a domani, giorno delle elezioni amministrative e regionali. Lei ci sarà: «Non dormiamo in massa qui come al Cairo ma un presidio resta sempre, poi tutti a votare scheda bianca per dire basta al finto bipartitismo». Dal lampione pende un cartellone «No les votes» (non li votate), il suggerimento del «parti juventud sin futuro» ai tanti stanchi del presente: boicottare tanto il Psoe di Zapatero, dato per spacciato, quanto il temutissimo Partido Popular, la destra liberista. Risultato? Ana alza le spalle: «Vogliamo un’uscita sociale dal capitalismo». Come dire, una via d’uscita, qualsiasi.
Qualcuno ripensa adesso ai segnali intercettati nei mesi scorsi. Il boom editoriale del saggio di Stéphane Hessel «Indignatevi!», primo nelle classifiche spagnole. L’affluenza massiccia di giovani al convegno sulla primavera araba «Le rivoluzioni della dignità» organizzato a Madrid il 3 maggio, all’indomani d’un fallimentare primo maggio. La fioritura di vignette e volantini che ora campeggiano sui muri di Puerta del Sol proprio come a piazza Tahrir: «No tenemos casa, nos quedamos en la plaza» (non abbiamo casa, restiamo in piazza); «Non siamo antisistema è il sistema che è antinoi»; «La Spagna non cambierà se resta seduta sul sofà»; «Il sole sorge per tutti». Poi, di colpo, il risveglio, alimentato da Internet e da Twitter attraverso la piattaforma politica Democracia Real Ya (democrazia reale ora).
Alle dieci di sera la piazza madrilena che deve il suo nome alla rivolta scoppiata all’inizio del XVI secolo contro Carlo I è ancora gremita. Timidamente si avvicina una coppia di sessantenni con il cane. Rivoluzionari? I Caravaca sorridono: «Nostro figlio è in piazza, ha 34 anni, è laureato in fisica e ha due Phd, siamo venuti a vedere che succede». La Guardia Civil vigila in assetto bellicoso ma l’atmosfera è tranquilla. Uno studio recente rivela che oltre il 70% degli spagnoli over 55 ritiene che la situazione non sia mai stata tanto drammatica per i giovani. Il vento mediterraneo non si placa pare, se è primavera fiorirà.