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 2011  maggio 21 Sabato calendario

SINDACATI EUROPEI E ITALIANI QUANTI SONO GLI ISCRITTI

Leggo in vari articoli e lettere sui giornali come gli extracomunitari siano preferiti alle persone locali perché possono essere sfruttati più facilmente e anche perché spesso vengono pagati «in nero» . È vero? E che cosa fanno i sindacati per cambiare la situazione? Perché si continuano a fare scioperi inutili? Eppure un sindacato moderno e intelligente è necessario in ogni società. Qui in Australia i sindacati hanno perso molti dei loro membri. Mentre per esempio nel 1980 il 55%della forza lavorativa apparteneva ad un sindacato, oggi la percentuale è solamente ad un massimo del 20%. Succede così anche in Italia?
Franca Arena, Sydney
Cara Signora, la sua prima domanda— se i lavoratori stranieri vengono assunti perché lavorano in nero e sono pagati meno — è stata fatta a Maurizio Ambrosini, professore di sociologia dell’immigrazione all’Università statale di Milano, durante una conferenza di Osservatorio sul mondo (un’associazione milanese che organizza da molti anni incontri sulla politica internazionale). Ambrosini ha risposto che il lavoro «nero» degli immigrati è particolarmente concentrato là dove è più forte l’economia sommersa, vale a dire nelle regioni meridionali del Paese. È un fenomeno che tutti deplorano, che i sindacati denunciano da tempo e che le politiche governative cercano di affrontare, talora con qualche risultato. Ma tutti, anche i sindacati, si scontrano con una certa complicità dell’ambiente sociale. Alla sua domanda sul tasso di sindacalizzazione, rispondo con alcuni dati europei tratti da un rapporto del Cnel (Consiglio italiano dell’Economia e del Lavoro), apparso nel 2010, sulle relazioni sindacali in Italia e in Europa. Secondo la Commissione di Bruxelles, il numero degli iscritti, nell’attuale Unione a 27, ha superato la soglia dei 42 milioni (lavoratori dipendenti, esclusi pensionati e disoccupati, aggiungendo i quali si arriverebbe a quasi 60 milioni), vale a dire una densità sindacale media del 25,1%. Secondo gli ultimi dati disponibili, le differenze da un Paese all’altro sono considerevoli. Si passa dall’ 8,6%della Francia al 76%della Svezia. Superano il 40%anche Finlandia, Danimarca, Cipro, Malta, Belgio e Lussemburgo; mentre al di sotto del 20%si trovano, insieme alla Francia, Lettonia, Ungheria, Portogallo, Estonia, Spagna, Lituania e Polonia. L’Italia è in una posizione intermedia con il 33,8%. In tale fascia vi sono, con tassi superiori all’Italia, Slovenia, Romania, Irlanda; e, con tassi inferiori al nostro Paese, Austria, Slovacchia, Regno Unito, Grecia, Olanda, Germania, Repubblica Ceca, Bulgaria. Come lei avrà notato la tendenza generale è verso la diminuzione ed è particolarmente visibile negli ultimi dodici Paesi membri, vale a dire in quelli che hanno fatto parte del blocco sovietico sino alla fine della Guerra fredda. La sua domanda più controversa, naturalmente, è quella sulla utilità degli scioperi. La mia personale impressione è che i sindacati di alcuni Paesi europei, fra cui l’Italia, abbiano attraversato una lunga fase durante la quale hanno concepito se stessi come forze politico-sociali organizzate per promuovere la trasformazione dell’intera società e accompagnare il lavoratore dalla culla alla tomba: una concezione che li ha trasformati spesso in partiti d’opposizione. Per questi sindacati non è facile comprendere che il loro compito principale è quello di negoziare i contratti di lavoro.
Sergio Romano