Paolo Di Stefano, Corriere della Sera 21/05/2011, 21 maggio 2011
UOMINI E DONNE: CHI LEGGE DI PIU’?
Le donne leggono più degli uomini. Non è una novità. Secondo un sondaggio Istat del 2010 si dichiarano lettrici il 53 per cento delle donne, contro il 40 per cento degli uomini. E se si guarda alle famiglie con figli, si riscontra che sono nettamente di più le case in cui a leggere sono solo le madri, le quali per di più si incaricano in genere di acquistare i libri per i figli. Questi i dati nudi e crudi, ma perché il vero sesso forte della lettura è quello femminile? Forse ci può aiutare l’esperienza degli editori e dei librai. Che sono i primi a constatare come le donne gradiscano la narrativa più dei maschi, proiettati verso saggistica e manualistica. Un Rapporto Nielsen recente ci dice, tra l’altro, che gli uomini possono fregiarsi del primato dei libri quiz e dei libri di umorismo. Ma stando alle abitudini di lettura si scopre che sono le donne le più perseveranti, e mentre i maschi hanno un comportamento zapping, alle femmine piace affrontare i romanzoni dalla prima all’ultima pagina. Il che significa che se un autore vuole avere successo gli conviene puntare sulla tenace potenzialità empatica delle donne. Detto ciò: perché ? Si potrebbe parzialmente rispondere con il titolo del blog del Corriere online: la Ventisettesima ora (dove Giuditta Marvelli ha lanciato il tema della lettura in chiave femminile), che è l’ora con cui si chiude la giornata dell’ex gentil sesso. Le donne (single, madri, compagne, mogli, lavoratrici) dilatano la loro giornata sfruttando ogni interstizio o residuo del loro tempo e caricandosi spesso dei compiti e delle responsabilità che una volta spettavano in esclusiva ai maschi. E lo fanno senza abbandonare ruoli e costumi tradizionali. Tra questi la lettura. La figura della lettrice, protagonista della rivoluzione borghese del consumo culturale, nasce nel Settecento e con diverse declinazioni prosegue fino a oggi. Dunque non è una novità, basti percorrere anche sommariamente la storia dell’iconografia, dove la donna con libro diventa un vero e proprio topos. Ma se un tempo la signora che leggeva era un’immagine da interno borghese esclusivo sottratto alla noia di una giornata interminabile, oggi lo spazio per la lettura va rubato a un tempo affollatissimo di impegni professionali e privati. Ma la donna non demorde. Provate a guardarvi intorno sul metrò o sull’autobus e a contare la sproporzione tra le signore e i signori concentrati su un romanzo. Già, ma ancora una volta: perché ? Perché sono dotate di più immaginazione; per consolarsi dei loro uomini; perché vivono nel mondo dei sogni. La prima risposta prevale nettamente (68 per cento) secondo un sondaggio di www. feltrinellieditore. it. Non ci sarebbe da stupirsi se la seconda risposta provenisse da donne arcistufe dei maschi e la terza rispecchiasse la reazione strafottente del maschio ferito nell’orgoglio. Ma è la prima risposta che non va presa sottogamba: se è vero che leggono soprattutto romanzi, le donne (a differenza dei maschi, che leggono spesso per motivi professionali) si mostrano sicuramente più disponibili all’immaginazione, al gusto del flusso narrativo e dell’intreccio, a quella (perché no ?) che un tempo si chiamava l’evasione. Lettura significa distrazione e piacere: nessuna utilità immediata. E qui si intravede la vera novità: non si tratta più soltanto di avere tra le mani prodotti letterari studiati ad hoc dal marketing, come i fortunati (e transgenerazionali) «Harmony» da edicola, la collana di romanticherie che facevano sognare a occhi aperti nipoti, figlie e madri. In realtà, come le donne in famiglia hanno preso possesso (quasi per forza) delle funzioni tradizionalmente maschili, così le lettrici si sono appropriate anche dell’immaginario solitamente associato al lettore uomo: e così sono loro le prime ad apprezzare, oltre alla narrazione sentimentale, anche il thriller, il noir e il poliziesco. Restano loro le vere fautrici del successo di Zia Mame ma anche del commissario Montalbano, di Susanna Tamaro ma anche del Codice da Vinci, di Benedetta Parodi ma anche di Faletti, di Margaret Mazzantini ma anche di Carofiglio o di Stieg Larsson. Mentre i maschi restano appiattiti sull’attualità politica, sulla rievocazione storica, sulla concretezza economica o sulla pratica tecnologica (e tutt’al più sono disposti a farsi quattro risate in compagnia di qualche comico televisivo), le lettrici desiderano avere dalla letteratura esattamente ciò che la letteratura è. Ciò a cui i loro uomini hanno tendenzialmente abdicato (specie nella vita di coppia): passione, curiosità, brivido, avventura anche torbida, sentimenti (non necessariamente sdolcinati). Ma se la lettrice dell’Ottocento, chiuso il libro, restava seduta sul divano a sognare, quella di oggi, finito il paragrafo, deve badare alla pappa del piccolo; finita la pagina, deve controllare i compiti del grande; finito il capitolo, deve rispondere alle mail del capo e poi dare un occhio alla situazione del mutuo. E il sabato mattina dopo aver fatto la spesa all’ipermercato, ricordarsi di buttare nel carrello anche il nuovo Franzen.
Paolo Di Stefano