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 2011  maggio 21 Sabato calendario

«NIENTE LIMITI DI TEMPO ALLA MISSIONE IN LIBIA» —

Nelle settimane scorse, quando la Nato chiedeva ad alcuni alleati «flessibilità» nell’impiego degli aerei impegnati nelle incursioni sulla Libia significava che voleva fossero autorizzati a sganciare bombe. Quel termine riaffiora anche per le prossime fasi di Unified Protector, la missione che dal 31 marzo prosegue sotto comando dell’Alleanza atlantica gli attacchi alle forze di Muammar el Gheddafi cominciati da Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti. E non è un caso che ieri il segretario generale della Nato, il danese Anders Fogh Rasmussen, lo abbia impiegato in un’intervista al Corriere dopo che Unified Protector, conosciuta soprattutto come campagna aerea su bersagli terrestri, si è concentrata sul mare affondando otto navi da guerra del Colonnello. La tesi di Rasmussen è: se le minacce ai civili messi nel mirino dal regime di Tripoli cambiano, come è già accaduto, le risposte alleate devono e dovranno adeguarsi. Sembrerebbe ovvio, ma detto a un’alleanza politico militare qual è la Nato significa sollecitare una disponibilità a mettere da parte, se è il caso, vari limiti e caveat nazionali. Per inciso, l’Italia è un Paese dell’Alleanza nel quale una forza di governo, la Lega, ha fatto approvare in Parlamento una richiesta di data di scadenza per la missione. Rasmussen, a Roma, ha incontrato Giorgio Napolitano e i ministri di Difesa ed Esteri Ignazio La Russa e Franco Frattini ai margini di una cerimonia per il 60 ° anniversario del Nato Defense College. Signor segretario generale, Barack Obama ha affermato che «il tempo lavora contro Gheddafi» . E per garantire la sicurezza della popolazione minacciata da Gheddafi quanto a lungo dovranno durare i bombardamenti della Nato? «Non parlo di date di scadenza. Le posso assicurare che saremo impegnati finché i nostri obiettivi saranno raggiunti. Sono tre: la fine di ogni attacco contro i civili, il ritiro di tutte le forze di Gheddafi nelle basi, accesso senza ostacoli agli aiuti umanitari necessari in Libia. Andremo avanti finché avremo ottenuto questo, perciò non parlo di tempi-limite: il nostro compito è proteggere la popolazione secondo la risoluzione 1973 dell’Onu» . DAL punto di vista militare, quanto rimane forte Gheddafi? «I nostri aerei hanno compiuto oltre settemila missioni, quasi la metà air strikes (bombardamenti dal cielo, ndr). Abbiamo eliminato una parte significativa della capacità militare di Gheddafi colpendo carri armati, veicoli da combattimento, lanciarazzi, depositi di armi, centri di comando. Abbiamo degradato notevolmente la macchina da guerra di Gheddafi. E vediamo che l’opposizione guadagna terreno. Il regime indietreggia» . Giovedì il Colonnello è ricomparso in tv. Dove le risulta che sia? «Non siamo concentrati su da che parte si trovi» . Anche perché ci penseranno alcuni dei membri della Nato: Francia, Gran Bretagna... «No. Noi non abbiamo individui come bersaglio. I bersagli sono unità militari impiegabili contro civili. Ed esistono due binari: militare e politico, perché non c’è una soluzione militare al problema. Sul politico, il Gruppo di Contatto è stato chiaro: Gheddafi deve lasciare il potere» . Nelle settimane scorse i capi del Consiglio nazionale di transizione libico dicevano che le incursioni della Nato erano insufficienti e lente. La sua risposta? «Penso l’opposizione capisca che stiamo avendo successo. Abbiamo salvato vite e fermato il tentativo del regime di risolvere la crisi con la forza» . Il Gruppo di Contatto, con la partecipazione di 22 Paesi, ha raccomandato il 5 maggio ai suoi componenti maggiori contributi a Unified Protector. Che cosa vi serve? «Già in aprile avevo esortato ad aumentare gli sforzi, e a consentire un uso flessibile degli aerei. Sono felice che gli alleati abbiano accresciuto i contribuiti e alcuni, Italia inclusa, anche autorizzato flessibilità nell’impiego degli aerei» . All’Italia, richieste ulteriori? «Non di specifiche oggi (ieri, ndr). Ma in generale, non è una richiesta specifica all’Italia, chiederò agli alleati e ai partner di restare impegnati nelle nostre operazioni per il tempo che occorre a raggiungere gli scopi e adattarle alla situazione che evolve sul terreno, in modo da proteggere i civili con efficacia» . Anche con soldati sul terreno? «No. Non abbiamo intenzione di mettere boots on the ground (scarponi sul terreno, ndr). E’ espressamente escluso dalla 1973» . La risoluzione vieta di occupare la Libia, non ogni operazione di terra. «La applichiamo in stretta conformità al suo testo. La Nato non intende mettere boots on the ground» . Neppure se occorrerà proteggere una missione umanitaria? «Ne proteggiamo già» . DAL cielo. «E’ così» . Come mai incontra Napolitano, La Russa e non il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi? «Soltanto una questione di agenda. Siamo molto indaffarati. Adesso vado al Nato Defense College, la sola possibilità di incontri bilaterali è lì. Poi parto per Bruxelles» .
Maurizio Caprara