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 2011  maggio 21 Sabato calendario

La questione, per tutti quelli che transitano nei palazzi del potere, prima o poi si pone. Cosa fare della propria vita una volta che la Storia ti sbalza dal carro dei vincenti? Coltivare ragazze in fiore o allevare nipoti? Rileggere i classici o andare finalmente alla scoperta di quel vasto mondo che si è intravisto solo al di là delle larghe spalle della propria scorta? Luigi Albertini, potentissimo direttore e comproprietario del Corriere della Sera , sul finire del 1925, per esplicita volontà di Mussolini, viene estromesso dal gruppo editoriale che per un quarto di secolo ha pilotato con autocratica sicurezza

La questione, per tutti quelli che transitano nei palazzi del potere, prima o poi si pone. Cosa fare della propria vita una volta che la Storia ti sbalza dal carro dei vincenti? Coltivare ragazze in fiore o allevare nipoti? Rileggere i classici o andare finalmente alla scoperta di quel vasto mondo che si è intravisto solo al di là delle larghe spalle della propria scorta? Luigi Albertini, potentissimo direttore e comproprietario del Corriere della Sera , sul finire del 1925, per esplicita volontà di Mussolini, viene estromesso dal gruppo editoriale che per un quarto di secolo ha pilotato con autocratica sicurezza. Si trova così a dover decidere come impiegare quel che gli resta del proprio tempo e, ciò che sceglie, è del tutto in armonia con il personaggio. Albertini, dopo gli studi di giurisprudenza a Torino e un soggiorno a Londra come corrispondente per la Gazzetta torinese , era approdato al Corriere della Sera nel 1896. Nel giro di quattro anni, non ancora trentenne, riesce a prendere il timone del quotidiano e nel decennio successivo ne fa il giornale più diffuso ed autorevole della penisola. Non solo: crea un vero e proprio impero editoriale nel quale prendono posto La Domenica del Corriere , oltre un milione di copie vendute a pochi anni dal decollo, il mensile La Lettura , Il romanzo mensile , ovvero un tascabile che raccoglie i racconti usciti a puntate sul quotidiano, e, infine, il Corriere dei piccoli . Visti i risultati, gli azionisti del Corriere - i cotonieri De Angeli e Crespi e l’industriale della gomma Pirelli - lo cooptano nella società di gestione, facendone di fatto il deus ex machina . Ma Albertini non è solo un geniale imprenditore della carta stampata. Attraverso la direzione politica del giornale si impone come uno dei protagonisti indiscussi della vita del Regno (la nomina a senatore gli arriva nel dicembre del 1914), tanto da influenzare in maniera non irrilevante la politica italiana nel quarto di secolo che va dal riformismo giolittiano all’intervento italiano nella Grande Guerra, dal tempestoso dopoguerra sino all’avvento del fascismo. Proprio per l’ostinata opposizione di Albertini e di alcune delle principali firme del Corriere della Sera alla politica del regime, Mussolini chiederà alla proprietà del quotidiano di liquidare l’artefice principale del successo del giornale. L’ordine verrà eseguito ma con il garbo munifico con cui la borghesia milanese allora sapeva sciogliere i propri contrasti interni. Albertini se ne deve andare, ma gli viene riconosciuta una buonuscita (sei milioni di lire oro) che gli consente di acquistare l’importante tenuta agricola di Torreimpietra nei pressi di Roma. La bonifica del latifondo che circonda la tenuta non basta certo a riempire le giornate di un personaggio come Albertini. Così affronta la sua sfida più impegnativa: la ricostruzione minuziosa di tutte le vicende che hanno portato allo scoppio della Grande Guerra. Impegno che porterà a conclusione solo dopo un quindicennio di lavoro e che sfocia nella monumentale opera Le origini della guerra del 1914 , ripubblicata ora, con prefazione di Sergio Romano, in tre volumi, per ammirevole iniziativa della Libreria Editrice Goriziana. Come era stato un direttore e un imprenditore fuori dal comune, anche l’Albertini storico ha un passo non ordinario. Non si limita a passare in rassegna documenti riservati di archivi diplomatici e militari. Per afferrare con totale esattezza le modalità che portarono le leadership dei vari Paesi europei a prendere decisioni cruciali, va direttamente alla fonte. Per capire meglio le contraddizioni dello stato maggiore germanico nei giorni dell’ ultimatum alla Russia, chiede lumi all’ex Kaiser Gugliemo, in esilio in Olanda. Per ricostruire la maldestra superficialità asburgica davanti ai fatti di Sarajevo, ripercorre voce per voce la catena decisionale operante a Vienna in quei giorni. Sul fronte italiano la sua contiguità politica, nei giorni della neutralità e poi dell’intervento, ad Antonio Salandra, presidente del Consiglio, gli aveva già dato una visione diretta dell’ evolversi delle cose. Non stupisce dunque che la sua ricostruzione storica aderisca e approvi in modo totale la scelta dell’agosto del 1914 di Salandra, e della maggioranza parlamentare giolittiana, di tenere l’Italia fuori dal conflitto. Una neutralità che, pochi mesi dopo, viene segretamente smantellata e quindi finisce travolta dal «radiosomaggismo» evocato da D’Annunzio proprio dalle pagine del Corriere . Un’evoluzione alla quale Albertini non è estraneo e che porterà l’Italia in guerra, in quella sera in cui «Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti..». Era il 24 maggio 1915. Albertini però, nella sua monumentale storia della guerra, di questo non parla. Dopo 2200 pagine, giunto all’agosto del 1914 si ferma. Ben prima che, sulle alture del Carso, si cominci a morire.