Vittorio Pellegrini, Saturno - il Fatto Quotidiano 20/5/2011, 20 maggio 2011
COMPUTER FUTURI, IL DUBBIO CALCOLATO
«Non esiste destino migliore di un teoria scientifica che quello di sopravvivere come caso particolare di una teoria più generale». In questo modo Albert Einstein coglieva il senso profondo del sapere scientifico e del suo metodo. Come ebbe poi a dire Karl Popper, una teoria scientifica altro non è che un insieme di idee e asserzioni che possono essere falsificate. Ed è proprio questo processo di falsificazione, mosso dal dubbio, a essere propulsore del progresso della conoscenza scientifica.
«Il dubbio ci spinge a guardare in nuove direzioni e cercare nuove idee», diceva il fisico Richard Feynman. Ma, e questo è il punto, esiste una conoscenza della natura perfetta che a noi non è data ora (ma magari in un futuro sì) per una semplice questione di mancanza dati e che rappresenta il limite raggiungibile di questo processo di congetture e falsificazioni?
Per centinaia di anni e sospinti dalle scoperte e dal lavoro di grandi scienziati come Galileo, Copernico, Keplero e Newton abbiamo progressivamente maturato la convinzione di vivere in un universo funzionante come un grande meccanismo di precisione simile a quello degli orologi di alta manifattura, spinto da funzioni complesse ma regolate da precise leggi matematiche. E quindi sì, abbiamo pensato che la natura fosse precisa e la nostra conoscenza imperfetta per una questione contingente. Adesso sappiamo che non è così.
Il cambiamento paradigmatico apportato dalla meccanica quantistica all’inizio del Novecento ha determinato un radicale ripensamento di queste posizioni. Il dubbio e l’incertezza sono diventati una caratteristica essenziale delle conoscenze umane. Al cuore di questo cambiamento vi è la costatazione che le particelle che costituiscono la materia (gli atomi ma ancora di più le particelle subatomiche come gli elettroni, i neutroni e i protoni o quelle subnucleari come i quark) non sono propriamente piccolissime palline, ma mostrano proprietà tipiche delle onde. Sono infatti onde di probabilità. Questo significa che ciò che ci è dato conoscere dello stato di una particella non è la sua esatta posizione o velocità, ma la probabilità di trovarla in quella posizione e con quella velocità. Probabilità quindi non certezze. Fu il fisico tedesco Werner Heisenberg che intuì una delle conseguenze più importanti della meccanica quantistica e della teoria ondulatoria formulando un principio di indeterminazione il quale stabilisce che esiste una incertezza intrinseca nel nostro grado di conoscenza della natura. Moltissimi esperimenti condotti nel ventesimo secolo non sono riusciti a falsificare questa teoria.
Ma c’è di più. Come accade per le onde sonore o le onde in un liquido che possono mischiarsi dando origine a strutture di interferenza, in modo analogo si comportano le particelle della materia. Due particelle e quindi due onde possono mischiarsi dando origine a nuovi inaspettati stati misti. Il fatto sorprendente è che, grazie a questo fenomeno della natura microscopica, è possibile costruire architetture per realizzare computer potenti che funzionano secondo i dettami della meccanica quantistica. Il paradosso è quindi che possiamo usare questa incertezza intrinseca dei fenomeni della natura microscopica a nostro vantaggio.
Nei computer quantistici il bit, i due stati 0 e 1 associati al passaggio di corrente elettrica alta e bassa e alla base del funzionamento dei computer che usiamo oggi, è sostituito dal bit quantistico, lo stato misto capace di assumere una moltitudine di valori oltre a quelli 0 e 1. Fu il fisico David Deutsch nel 1985 a proporre il primo algoritmo per il computer quantistico e dimostrò che mentre per scoprire “classicamente” se una moneta è truccata bisogna guardare entrambi i lati, con un computer quantistico è possibile “guardarla” una sola volta. Nel 1994 Peter Shor introdusse l’algoritmo per determinare i fattori primi di un numero grande, un problema impossibile da affrontare con un computer classico, e fu solo nel 2001 che venne alla luce la prima implementazione pratica del computer quantistico utilizzando un composto molecolare capace di fattorizzare il numero 15 (5x3). Da allora molta strada è stata fatta e oggi vi sono numerose versioni di computer quantistici semplici basati sulla nanotecnologia. Le applicazioni sono infinite, e particolarmente interessanti sono quelle nel campo della crittografia che sfrutta la proprietà quantistica secondo la quale ogni misura altera lo stato di ciò che viene misurato. Non è da escludere che i nuovi codici di sicurezza, a partire da quelli delle banche, ben presto sfrutteranno queste proprietà. Sembra un paradosso, ma funziona!