Daniela Roveda, Il Sole 24 20/5/2011, 20 maggio 2011
LINKEDIN GONFIA LA BOLLA INTERNET
Un debutto strepitoso, epico, paragonabile a quello di Netscape Communication nel 1994 e di Google nel 2004: Linkedin ha fatto ieri un ingresso trionfale al Nyse, raddoppiando istantaneamente il suo valore di mercato, superando di gran lunga le previsioni di tutti gli analisti finanziari e alimentando le speranze di un imminente arrivo anche di Facebook e Twitter.
Per questo l’eco di una nuova bolla «dot.com» è rimbalzato ieri da Wall Street alla California, dove Linkedin ha il suo quartier generale a Mountain View, 4 minuti di macchina da Google. La California da parte sua da ieri annovera un nuovo miliardario, Reid Hoffman, il 41enne co-fondatore di LinkedIn che si è trovato in tasca a fine giornata 1,8 miliardi di dollari, il 20% di una società valutata quasi 9 miliardi. Reid avrebbe tuttavia ragione di lamentarsi con i sottoscrittori – Morgan Stanley, Bank of America e Jp Morgan Chase – per aver realizzato troppo poco. A giudicare dalla reazione degli investitori, Linkedin è stata forse sottovalutata.
L’entusiasmo di Wall Street per il primo debutto in Borsa di un social network era ovvio sin dalle prime ore del mattino. Al suono della campana che ha aperto la Borsa di New York alle 9.30 di ieri, la sigla LNKD non è nemmeno comparsa sul listino, data la valanga di richieste di acquisti. La prima quotazione è arrivata mezz’ora dopo a 83 dollari, l’84% in più del prezzo di collocamento di 45 dollari. Prima di mezzogiorno era schizzato a 122 dollari, il massimo della giornata, per stabilizzarsi attorno ai 100 dollari nel pomeriggio senza riuscire tuttavia a tenere: ha chiuso a 94,25 dollari (+109,44%). Allibiti, gli operatori hanno iniziato a fare qualche calcolo, per scoprire che a quei prezzi il rapporto p/e di Linkedin aveva superato il livello di 1.000.
La vendita di 7,84 milioni di azioni ha raccolto per Linkedin 352 milioni di dollari, il più grande collocamento della storia di una società internet dopo Google. Anche in quell’occasione il titolo era salito sopra al prezzo di collocamento di 85 dollari, ma solo del 17%: all’epoca molti analisti erano convinti che a quei prezzi Google fosse sopravvalutata. Ieri Google ha chiuso a 531 dollari.
Le opinioni sulla valutazione di mercato di Linkedin sono divergenti a Wall Street. Sito riservato al mondo del business, dove 100 milioni di abbonati scambiano contatti, offerte di lavoro, informazioni aziendali, ha chiuso il 2010 con 243 milioni di dollari di fatturato e 15,4 milioni di utile; nel primo trimestre il fatturato è raddoppiato a 94 milioni e i profitti sono saliti del 14% a 2,1 milioni. Con un rapporto prezzo/vendite pari a 14,7, i titoli Linkedin sono oggi i più cari d’America, più di Google o Apple scambiati a multipli di 4 o 5 volte le vendite.
È troppo presto per determinare se si tratti di una bolla o meno, ha detto l’ad Jeffrey Weiner, che possiede 2,3 milioni di azioni. Questa operazione consente a Linkedin di espandersi soprattutto all’estero. «L’Europa in particolare è un territorio di grande importanza per noi».
Il raddoppio dei titoli in Borsa ha lasciato ugualmente l’amaro in bocca a Weiner, a Reid Hoffman e alle tre società di venture capital (Sequoia Parteners, Bessemer Ventures e Greylock Partners) che complessivamente detengono il 38% di Linkedin. «Congratuazioni, siete stati frodati di 130 milioni di dollari!» ha tuonato l’analista Henry Blodget di Silicon Insider. Sottovalutando Linkedin del 50%, i tre underwriters hanno privilegiato i loro grandi clienti, gli investitori istituzionali che hanno realizzato un profitto immediato del 100% su azioni comprate a 45 dollari l’una.
Reid Hoffman, un genialoide con laurea in intelligenza artificiale a Stanford e in filosofia a Oxford, comunque si è detto «soddisfatto» dell’operazione e della rivincita che si è preso sui suoi tre ex-colleghi a PayPal, dove aveva lavorato fino al 2002 prima di fondare Linkedin. I tre ex-colleghi Steve Chen, Chad Hurley e Jawed Karim avevano lanciato YouTube vendendola a Google nel 2006 per 1,65 miliardi di dollari. «Mi sentivo un fallimento» aveva confessato Hoffman di recente. Da oggi non lo è più.