Eva Cantarella, Corriere della Sera 20/05/2011, 20 maggio 2011
L’UOMO PREDATORE E LO STUPRO «VIRILE»: QUELL’ODIOSO MITO CHE RIPORTA A ZEUS
Tra i molti interrogativi posti dal caso DSK, ce n’è uno al quale non si è finora prestata l’attenzione che mi pare meriti. È quello del modello maschile incarnato da DSK. L’uomo forte, il duro, il seduttore seriale, il conquistatore che non deve chiedere mai, per il quale anche il sesso è potere. Un modello antico, che ha radici lontanissime nella storia e trova precedenti persino nel mito. Come ben noto, gli dei greci non erano diversi dagli esseri umani, avevano i pregi e i difetti di questi, le loro invidie, debolezze e gelosie. Erano immortali, ma i loro comportamenti erano umani. Ebbene, come si comportava con le donne Zeus, il loro re e capo dall’incontrastato potere? Quando veniva preso dal desiderio di possedere un essere di sesso femminile (divino, umano, o semiumano che fosse), come spesso gli accadeva, Zeus non ascoltava ragioni, non conosceva ostacoli, soddisfaceva il suo desiderio senza pensarci un attimo, senza riflettere sulle conseguenze e i rischi (nel suo caso, una moglie gelosissima e vendicativa). Per riuscire a farlo non badava a mezzi. Ben poco gli importava che l’oggetto del suo desiderio fosse o meno consenziente. Come le sue infinite avventure amorose stanno a dimostrare. Tra di esse, a ben vedere, quella che più si avvicina a un corteggiamento (sia pur molto particolare, ma siamo nel mito), e che meno di tutte le altre assomiglia a un vero e proprio stupro è la sua storia con Europa, la ragazza che ha dato il nome al nostro continente. Un giorno, mentre giocava con le amiche sulla spiaggia di Sidone (in Asia Minore, dove viveva) Zeus vide Europa e per sedurla si trasformò in un toro. Affascinata dalla bellezza dell’animale, Europa carezzò il suo mantello, lo abbracciò e infine gli salì in groppa. La trappola era scattata: Zeus-toro si rizzò sulle zampe e si tuffò nel mare, trasportando la ragazza fino a una spiaggia di Creta, dove ovviamente la fece sua. Una storia quasi romantica, rispetto ad altre, come, ad esempio, quella con la ninfa Callisto (la Bellissima), seguace di Artemide, che come la dea aveva fatto voto di castità. Vedendola mentre riposava nei boschi, Zeus, colto dal solito irrefrenabile desiderio, prese le sembianze di Apollo, fratello di Artemide, e la possedette, mettendola incinta e provocando la sua espulsione dal gruppo delle seguaci della dea. I confini tra una simile avventura e uno stupro sono molto difficili da segnare, così come quelli della sua storia con Leda, moglie fedelissima di Tindaro, re di Sparta, per unirsi alla quale, sempre senza tenere in alcun conto la volontà di lei, Zeus si trasformò in cigno. Era questo il modello maschile del seduttore prospettato dal mito. A ben vedere — passando dal mito alla storia — non molto diverso da quello entusiasticamente accolto e praticato dai nostri antenati romani. Educati fin dalla più tenera età a essere dei dominatori del mondo (tu regere imperio populos Romane memento: «Romano, ricordati che devi reggere gli altri popoli con il tuo imperium» , ricordava loro Virgilio) i romani, in ogni occasione, pubblica o privata, dovevano imporsi: sui nemici con la forza delle armi e la superiorità delle leggi, sui concittadini con l’uso politico della parola, sulle donne possedendole. La virilità, così intesa, era una manifestazione di romanità. È qui, in questo tipo di etica politica, che affonda le radici una sessualità a proposito della quale un grande storico di Roma, Paul Veyne, ha giustamente parlato di «virilità di stupro» , per stupro intendendo non solo la vera e propria violenza sessuale, ma più in genere una concezione predatoria dell’uso dell’organo virile. Ci sono impressionanti fili di continuità tra il «modello DSK» e questa plurimillenaria concezione del vero uomo. Ebbene, se pensavamo che gli esemplari che lo incarnavano fossero scomparsi dobbiamo ricrederci, e non solo constatare che è ancora presente, ma anche riflettere sulla indulgenza nei suoi confronti manifestatasi con tutta evidenza non appena il caso è scoppiato. Non credo sia solo per ragioni politiche e per antica antipatia verso gli americani che il 57%dei francesi crede fermamente nella tesi in parte assolutoria del complotto: «Anche se il rapporto c’è stato, è stata lei a provocarlo» . Un copione inaccettabile, così vecchio e frusto da lasciare sconcertati, che indigna le donne che ben ricordano i tanti processi per stupro nei quali hanno visto riproporre lo stesso schema, con la presunta vittima oggetto di ogni di sospetto. Non so quale sia la percentuale di donne nel 57%dei complottisti, ma il fatto che le prime a rompere il muro della solidarietà a DSK siano state delle donne fa pensare (sono impressioni personali, ovviamente) che la stragrande maggioranza delle donne non abbia affatto un atteggiamento assolutorio nei confronti dei «veri uomini» superstiti: che di quel modello, in realtà, le donne non vogliano neppure più sentir parlare; che il rapporto tra generi che desiderano sia radicalmente diverso, che gli uomini che vogliono come compagni siano meno «maschi» , che non vuol dire deboli.
Eva Cantarella