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 2011  maggio 20 Venerdì calendario

QUEL PRIMO SORRISO PER MOGLIE E FIGLIA

Un sorriso rubato alle telecamere e ai poliziotti, uno solo, a distanza, tra Dominique Strauss-Kahn e la moglie Anne Sinclair. È l´unica volta che i loro sguardi si incrociano. E lei lo vede finalmente in completo blu, rasato, senza le temute catene ai piedi, senza neppure manette. È un sollievo effimero, un lampo d´intesa, tra la donna in trincea per difenderlo e l´uomo inchiodato dalla giustizia, che le ha appena dedicato la sua lettera di dimissioni: «Penso a te che amo più di ogni cosa, penso ai figli, alla nostra famiglia». È l´attimo di tregua in un film dell´orrore, quattro ore in un´aula da cui Dsk uscirà libero ma vigilato, braccato, colpito da sette incriminazioni penali, a rischio di passare il resto della sua vita in un carcere americano. La Sinclair scende dalla limousine e guarda fisso davanti a sé, ignora la muraglia dei giornalisti suoi ex colleghi e delle troupe televisive, la tirano a viva forza un poliziotto e l´avvocato difensore William Taylor per farla entrare nel tribunale. Ma lei non molla un istante la mano di Camille, la figlia 26enne di Strauss-Kahn.
Quella stretta non si scioglierà mai, mentre Anne affronta la sfilata delle mogli alla gogna, il rito americano sconosciuto alle francesi, lei che fu la regina delle anchorwomen parigine e poteva essere First Lady all´Eliseo. Lei che nell´abito bianco da sposa troneggiava in foto sulla scrivania del marito, nella stanza di comando del Fondo monetario a Washington. Camille la segue obbediente e tesa, nella sua maglietta marinara a strisce, lei che il destino ora incolla alla matrigna. Ventiseienne studentessa modello alla Columbia University, che invece del dottorato di ricerca dovrà concentrarsi sul suo ruolo di testimone chiave: il misterioso pranzo con Dsk padre che può smentire la tesi di una "fuga nel panico", quell´incontro di sabato alle 12.45 che per lei era uno dei tanti tête-à-tête col padre, ora diventa episodio cruciale subito dopo il presunto stupro. Camille segregata dal mondo, spento il suo Twitter, chiusa la sua pagina online sul sito della Columbia, prigioniera dietro un muro invisibile. E al centro della scena eccolo, dopo quel fugace incontro di sguardi con la moglie. Dsk non è più lo zombie ammanettato, umiliato e sperduto nell´orrido carcere di Rikers Island. Ha perfino ritrovato l´abbronzatura di sempre, ora che non è più sbiadita dalla barba lunga e dai riflettori accecanti delle foto-ritratto scattate in commissariato e nel carcere. Eppure si fa piccolo piccolo sulla sua sedia, lo sguardo spento vaga più volte tra l´avvocato difensore che parla alla sua destra, il giovane poliziotto biondo a sinistra, con quelle manette che gli ciondolano dalla cintura, sinistro ricordo delle tre notti in cui Dsk è stato svegliato a intervalli regolari, ogni ora e mezzo, per "controlli anti-suicidio".
È ammutolito Dsk, fa sì con la testa docile e obbediente, a sottolineare tutto ciò che l´avvocato Taylor sta promettendo al giudice: il milione di cauzione, il braccialetto elettronico, la vita da recluso, il guardiano armato (a sua spese), perfino l´iPhone sempre acceso per segnalare la sua posizione. Non riesce più a sfoggiare lo sguardo sornione, penetrante, beffardo, quella smorfia tra il ghigno e l´ammiccamento che lo rendevano simpatico a tanti, irresistibile forse ad alcune, temibile predatore per altre. Ora quello sguardo è obliquo, quasi torvo, quando gli tocca ascoltare l´elenco dei sette capi d´accusa che la giuria ha trasformato in altrettante incriminazioni, incluso: «Sesso non consensuale, tentativo di violenza carnale». Le spalle si curvano, quando deve incassare l´ultimo avvertimento del giudice Michael Obus: «La libertà su cauzione è reversibile, posso tornare sulla mia decisione ad ogni istante».
Fa sì con la testa, Dsk che metteva sull´attenti capi di Stato e di governo, leader di intere nazioni in pellegrinaggio alla sua scrivania per concordare le cure severe d´austerità anti-bancarotta. Ormai non vede più la moglie né la figlia, costrette ad osservarlo di spalle, "in galleria". Non un sorriso all´annuncio della libertà provvisoria. Mentre fuori li attende una tempesta di flash, né Dominique né Anne né Camille abbandonano la maschera impassibile. Come in un film di Polanski, sanno che questo può essere solo l´inizio di un lungo calvario. Lui si alza, diretto verso la cella del carcere: ancora una notte, l´ultima sull´isola dei dannati. Per ora. Anne e Camille escono a passo di corsa, sempre impassibili, verso la limousine. Non un sorriso. Anche loro hanno capito benissimo cosa le aspetta, per difendere l´uomo di cui hanno ignorato, o voluto ignorare troppo.