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 2011  maggio 19 Giovedì calendario

COSÌ LE CORBUSIER SI ISPIRAVA A NERVI E ROSSI STUDIAVA LA FENICE

Pubblichiamo una lettera di Le Corbusier a Pier Luigi Nervi dopo le Olimpiadi del 1960 e un appunto di Aldo Rossi sulla ricostruzione del Teatro La Fenice a Venezia. Entrambi i documenti sono conservati nella collezione del MAXXI Architettura
Parigi
12 settembre 1960
Caro Amico,
Il signor G.M.Présenté e io, accompagnati da un grafico, vorremmo fare un salto di una giornata a Roma per visitare le strutture olimpiche, quando la folla se ne sarà andata e si potranno vedere i locali vuoti e sgombri. (...)
Probabilmente saprà che sto lavorando al progetto dello stadio di Bagdad (stadio olimpico da 55mila spettatori, più piscina da tre a cinquemila spettatori, e palestra da cinque a seimila spettatori, e altro ancora). Vi sono alcuni problemi per i servizi interni, per esempio gli spogliatoi, i corridoi, le casse (per l´ingresso a pagamento), l´illuminazione notturna. Ho ultimato da tempo la fase progettuale ed è in corso adesso la fase esecutiva, ma ho uno scrupolo, che del resto è una regola nella mia vita: è sempre possibile e indispensabile fare meglio (e per esempio non dimenticare di collocare sull´edificio dell´UNESCO uno schermo solare!). Mi renderebbe un grande servigio e la pregherei anche, sempre se è d´accordo, di prenotarmi in tempo utile tre camere d´albergo singole, senza fronzoli, senza lussi, visto che dovremo soltanto dormirvi. La ringrazio vivamente sin d´ora e la prego di scusarmi se la incarico di un´incombenza non così dilettevole.
Con amicizia,
LeCorbusier
(Traduzione
di Anna Bissanti)
Appunti di Aldo Rossi
(1996-1997)

Molte le opinioni sulla ricostruzione della Fenice, anzi sul problema del teatro della Fenice. Ma ogni problema è singolare ed è sciocco ridurlo o riportarlo al problema dei centri storici in generale. La Fenice, come si dirà più avanti, è "Un ritratto di famiglia con interno" secondo il titolo viscontiano e ancora il teatro di Senso con le divise bianche degli ufficiali austriaci, il tricolore e attorno un mondo torbido.
Una interpretazione come un´altra perché in realtà, come ha scritto James, «di Venezia non vi è più nulla da dire». Ma se non vi è più nulla da dire, non vi è nemmeno nulla da costruire.
Da questo punto di vista il come era e dove era ha molte giustificazioni. Ma se è possibile costruire "dove era" non credo sia possibile costruire come era. Anche se questo progetto si attenesse fedelmente al bando non può ricreare quel ritratto di famiglia che solo l´architettura del tempo - e un´impronta personale - possono dare. Ma è anche vero che architetture ricostruite - penso al Mont Saint Michel, al teatro di Nimes e altre - hanno già acquistato una storia e costruito un paesaggio.