Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 18/5/2011, 18 maggio 2011
QUEL TOCCO MAGICO CHE SEMBRA SMARRITO
Li ha toccati per farli diventare principi, ma son rimasti zucche. È questo uno dei dubbi che Silvio Berlusconi cerca di scacciare in queste ore di rabbia e di sconforto: possibile abbia perso il «tocco» magico che gli consentiva di miracolare ogni suo candidato?Ai bei tempi, sotto elezioni, gli riusciva tutto. E se ne vantò: «Sono stato come la fata Smemorina di Cenerentola: erano delle zucche e li ho trasformati in principi» . Macché, stavolta la magia non gli è riuscita da troppe parti. Perfino coi sindaci che aveva scelto per i luoghi dove sorgono le sue ville più amate, Arcore e Olbia. Ci scherzava da anni, sulle proprie virtù taumaturgiche. «All’Ospedale San Raffaele una madre mi pregò di convincere il figlio bloccato provvisoriamente su una sedie a rotelle a riprendere a camminare» , raccontò anni fa a dei forzisti di Vicenza, «Mi presentai dal ragazzo e gli dissi: "Giacomo, fatti forza. Alzati e cammina...". Lui, dopo alcuni giorni, si alzò» . Ma era solo uno dei tanti miracoli, spiegò nel 2009 a Der Spiegel: «La gente s’aggrappava alla mia giacca, e le donne incinte mi chiedevano di mettere la mia mano sulla loro pancia. Altri mi hanno chiesto di mettere le mie mani sui loro occhi, perché non vedevano bene» . E se questi erano prodigi di una certa difficoltà, quale problema ci poteva mai essere a imporre col suo carisma un candidato vincente? Gli bastava toccarli e, «salacadula magicabula bibidi bobidi bu» , vecchi galli imbolsiti della politique politicienne trovavano nuovo vigore e giovani galletti emergenti rizzavano la cresta pronti a conquistare il mondo. Era sufficiente un contatto e, oplà, travasava in loro una goccia della sua immensa popolarità: «Ovunque io mi trovi la gente mi si fa d’intorno, mi incoraggia e mi festeggia, confermandomi quel 68,4%di stima e di apprezzamento che è rivelato dai sondaggi e che rappresenta il record di tutte le democrazie occidentali» . Certo, non poteva ultimamente negare una lieve flessione. Ma ancora 48 ore prima del voto spiegava al Tg5: «Il nostro è l’unico governo in Europa che ha vinto le elezioni e che ha il presidente del Consiglio che riscuote il più alto indice di apprezzamento: io sono ancora al 50%, la Merkel al 25%, Sarkozy al 20%mentre Zapatero e Socrates sono sotto il 10%» . Ci contava, su questa ineluttabilità della vittoria. E potete scommettere che, combattivo com’è, non darà per perse neanche le sfide più complicate dei ballottaggi. Deve prendere atto però che qualcosa si è rotto. Aveva benedetto a Cagliari, dove da lustri la destra vinceva al primo turno, Massimo Fantola: va allo spareggio partendo dietro il vendoliano Massimo Zedda. Si era speso con una telefonata addirittura per San Benedetto del Tronto e il pdl Bruno Gabrielli è arrivato al 29%. Era sceso di persona fino a Crotone, dove era stato generoso di elogi non solo per le donne calabresi, non solo per la calabrese Dorina Bianchi, ma anche per le alture calabre: «Venendo qui ho potuto ammirare il paesaggio e ho visto queste splendide colline, che nulla hanno da invidiare a quelle toscane. Anzi, sono più belle» . Bum! Risultato: la sua protetta ce l’ha fatta ad andare al ballottaggio superando solo per un pelo un anziano professore di lettere in pensione, appoggiato da due liste civiche. Si era speso per Michele Coppola, a Torino, partecipando a una cena di finanziamento da 500 euro a coperto («tondini di faraona, filetto di vitello con salsa di funghi e tartufo nero con contorno di patate al gratin e punte di asparagi in tempura...» ) e dipingendolo, giovane, bello e aitante come un venditore di Publitalia, quale un candidato capace di mettere in difficoltà Piero Fassino: «È una sfida non facile ma sono convinto che si possa vincere. C’è un crescente nervosismo nella sinistra torinese. Tanto che Fassino ha dovuto chiedere in extremis il sostegno di Chiamparino» . È finita con distacco di 29 punti, non molto inferiore al risultato catastrofico imputato a Rocco Buttiglione nel 2006, e il Pdl al 18,2. Più o meno la stessa percentuale raccolta dall’altra parte della pianura padana, a Trieste. Dove la destra veniva da un decennio di governo con Roberto Dipiazza che si vantava d’avere in città una popolarità «berlusconiana» , tutta la campagna elettorale era stata impostata sulla «continuità» e in più il candidato era Roberto Antonione, cioè l’uomo al quale il Cavaliere aveva affidato anni fa il ruolo di coordinatore. Meglio di così! Un disastro: destra spaccatissima, guerre intestine, Pdl al 18,6%. Peggio ancora, quasi quasi, di Milano e Napoli. Dove perdente si è rivelata al primo turno la sua campagna a favore della Moratti, le sue dichiarazioni galanti per la «bela tosa» , il suo appoggio sul colpo basso tirato a Pisapia con la sentenza taroccata: «Letizia ha fatto bene a tirare fuori le unghie» . Per non dire dell’impegno gettato a Napoli per sostenere, perfino contro una parte del mondo imprenditoriale, Gianni Lettieri il quale avrebbe dovuto raccogliere i frutti della grande delusione nei confronti di Bassolino e della Iervolino e della «grande campagna» berlusconiana sulla spazzatura. Risultato finale: 38,5%per tutta la coalizione che aveva stravinto le ultime Regionali e 23,8%per il Pdl: un crollo rispetto ai recenti trionfi. Ed è in questo contesto che sono arrivate le ultime gocce del calice amaro bevuto dal premier. Le delusioni, come dicevamo, di Arcore e di Olbia. Il comune lombardo, a dir la verità, non è tradizionalmente una roccaforte della destra, anzi: in passato è stato governato anche dalla sinistra. Il Cavaliere, però, era convinto che se pure l’alleanza uscente Pdl-Lega non fosse stata confermata al primo turno, sarebbe comunque stata in testa per il ballottaggio. In fondo, nel 2006, aveva stravinto subito senza supplementari con oltre il 55%. Macché: davanti oggi c’è Rosalba Colombo, orgogliosamente più simile a Rosy Bindi che non alle scosciate signorine ospiti a villa San Martino. La piccola Caporetto personale, però, è stata ad Olbia. Dove il leader del Pdl voleva rimettere come sindaco in Comune il fedelissimo Settimo Nizzi, che dopo due mandati e l’elezione al Parlamento, aveva dovuto la penultima volta passare il testimone a Gianni Giovannelli, scelto con il compito di tenere in caldo il posto per essere dimissionato alla prima occasione così da restituire la poltrona. Un giochino al quale Giovannelli si era ribellato. Tanto che Nizzi, padre padrone del partito grazie all’amicizia con il Cavaliere, aveva fatto dimettere i consiglieri pidiellini per tornare al voto e riprendere a gestire lui la programmazione, soprattutto urbanistica, della città e della costa Smeralda. Ahi ahi, con un colpo sorpresa che ti fa la sinistra? Candida lo stesso Giovanelli. La scelta più antiberlusconiana che in questo momento potesse essere fatta. Scelta vincente: trionfo al primo turno, batosta al partito fino a ieri dominante e ceffone in faccia al premier proprio nel suo «buen retiro» . E adesso? È probabile che Berlusconi, maestro qual è stato per anni nelle campagne elettorali, si ponga il dubbio: ha perso perché ha strillato troppo forte o troppo poco forte? Cosa fare nei ballottaggi: abbassare il volume o alzarlo a mille decibel? Di chi ascoltare i consigli? Delle colombe o dei falchi? Per quanta gente gli si affolli intorno, è difficile indovinarlo. Spiegò alcuni anni fa: «Io ascolto tanta gente ma alla fine decido sempre io. Addirittura chiedo dei pareri per fare il contrario. Ad esempio so benissimo che mia madre non ha il senso dell’orientamento. Per cui spesso mi è capitato di chiederle: "Mamma, dov’e il mare?". Lei mi diceva: "Di là". E io andavo dall’altra parte» . Gian Antonio Stella © RIPRODUZIONE RISERVATA