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 2011  maggio 19 Giovedì calendario

Il matrimonio all’italiana non c’è più - I matrimoni sono in calo vertiginoso rispetto a una vol­ta

Il matrimonio all’italiana non c’è più - I matrimoni sono in calo vertiginoso rispetto a una vol­ta. Perché? In realtà perché non ce n’è più bisogno. Fino a una decina di anni fa, il matri­monio era funzionale a dare status sociale e sicurezza eco­nomica alla donna, che nelle nozze vedeva l’obiettivo fonda­mentale della sua vita. Chi non si sposava veniva considerata incapace e non desiderabile. Progressivamente e oggi sem­pre più, le donne hanno de­classato il matrimonio rispet­to ad altre priorità, quali la li­bertà, l’autonomia economi­ca, la carriera e persino un fi­glio. La zitella del passato è oggi una fiera e dinamica single. La ragazza madre, già vergogna sociale e familiare, di questi tempi esibisce con orgoglio il frutto della sua autarchia. Gli uomini, da parte loro, non hanno più l’obbligo socia­le o morale di sposare la «fidan­zata » con la quale fanno sesso; per di più l’offerta di donne «emancipate» è altissima, tan­to da non indurli facilmente al­la scelta matrimoniale, carica di responsabilità e di restrizio­ni del panorama erotico. Sul piano pratico, ci sono le case dei genitori sempre dispo­nibili, una grande libertà di movimenti, nessun divieto di frequentare in coppia non co­niugata luoghi e persone. C’è, obiettivamente, anche il pro­blema della precarietà del lavo­ro, quando c’è, e, in questi ulti­mi due anni, il peso plumbeo della crisi economica mondia­le. Una motivazione non trascu­rabile della diminuzione dei matrimoni è anche l’immaturi­tà delle nuove generazioni: non considerano certo un ono­re personale sottoporsi a fati­che e sacrifici. Anzi. Sono abi­tuati, molti giovani d’oggi, ad avere tutto quello che deside­rano e a invidiare chi ha di più. Non hanno voglia di darsi da fare più di tanto. Riescono tran­quillamente a tenere il piede in più scarpe, sfruttando fin­ché è possibile l’albergo dome­stico e le cure della mamma, ma, intanto, girando il mondo e sperimentando partner. A un certo punto, con entusia­smo o esitazione, decidono di convivere invece che di sposar­si, pensando per l’ennesima volta di aggirare così le specifi­che responsabilità che il matri­monio comporta. Infatti, a fronte del calo dei matrimoni, c’è l’aumento significativo del­le libere convivenze. Che an­che la donna accetta ben vo­lentieri, salvo pentirsene al momento della separazione, perché priva di garanzie eco­nomiche personali. E persino delle possibilità di dividere a metà i regali delle nozze mai celebrate. Molti convivono an­ziché sposarsi, perché sugge­s­tionati dal pericoloso equivo­co che, così, «ci sono meno pro­bl­emi e ci lasciamo quando vo­gliamo ». Invece, anche dalle convivenze, nascono accese battaglie giudiziarie e creativi percorsi di vendette e rivendi­cazioni. Alcune donne autonome, in carriera, sole, arrivano a rifiuta­re sia il matrimonio, sia la con­vivenza nel segno dell’indipen­denza assoluta. Intrattengono relazioni sessuali multiple, fin­ché individuano ( sovente a in­saputa di lui) un padre biologi­co con un reddito alto, dal qua­le trarre il vantaggio di un figlio che assicuri loro la vita affett­i­va e la rendita vitalizia, senza il fastidio del marito per casa. Può darsi anche che molti decidano di non sposarsi per sperimentare ogni giorno tra loro la gioia di confermare la scelta; la capacità di modulare i progetti senza schemi precon­cetti; il gusto della solidarietà non obbligata da norme di leg­ge. Questo è, insomma, così ar­ticolato, il territorio di pensie­ri, esperienze, capacità o limiti personali, sul quale dovrebbe­ro in teoria decidersi i matri­moni: obiettivamente ci si me­r­aviglia che ancora ci sia chi vo­glia sposarsi, salvo che non sia cattolico praticante.Non c’è in­fatti più fiducia tra uomini e donne. Il tradimento è una re­gola. Condivisa. Basterebbe il conto quotidiano delle separa­zioni e dei divorzi, delle denun­ce di violenze domestiche, dei giornalieri omicidi in famiglia, per scoraggiare anche il più ot­timista dei potenziali nuben­di. A meno che tutto non si ri­duca all’organizzazione di una festa indimenticabile. La verità è che il matrimo­nio, salvo quello di Will e Kate, non è più un sogno per ragazzi­ne, da coltivare e programma­re nel tempo, bensì un incubo per adulti incapaci di diventa­re grandi. Morale della favola: Cene­rentola non sogna più di sposa­re il principe azzurro, ma vuo­le diventare una Winx; Crude­lia Demon si innamora di Pe­ter Pan, ma il matrimonio è continuamente rinviato; la pic­cola fiammiferaia è impegna­t­a con Aladino in una multina­zionale produttrice di lampa­de; Cappuccetto rosso fa rico­noscere un figlio naturale a Barbablu. E nessuno visse mai più feli­ce e contento. *** -30.000 In due anni nel nostro Paese sono stati celebrati circa 30mila matri­moni in meno: 246.613 nel 2008, 230.613 nel 2009 e poco più di 217mila nel 2010. Con un calo me­dio del 6%, fra le regioni si segnala­no in testa alla classifica Lazio (-9,4%), Lombardia (-8%) e Toscana (-6,7%) - 1,2% È il calo medio annuo nel numero dei matrimoni registrato in Italia negli ultimi vent’anni. Il calo del 6% degli ultimi due anni, dunque, se­gnala l’esplosione di un fenomeno latente. Le nozze che sono diminui­te di più sono quelle miste, quelle in cui uno dei due sposi è italiano 21,7% È la percentuale dei nati nel 2009 i cui genitori non sono sposati fra lo­ro. È il dato più alto degli ultimi an­ni e segnala il costante aumento delle coppie di fatto. Dal 2008 al 2009 è anche aumentata l’età me­dia delle persone che si sposano 4 su 10 Il 40% dei matrimoni finisce in tri­bunale. L’Associazione degli avvo­cati matrimonialisti segnala an­che che il numero delle nozze civi­li è in costante aumento a scapito delle nozze religiose, che ormai sono minoritarie anche a Roma