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 2011  maggio 19 Giovedì calendario

E la piccola Danimarca contende il Polo ai russi - Se il giochino funziona tra qual­che anno Babbo Natale e le sue renne gireranno con passaporto e targa da­nese

E la piccola Danimarca contende il Polo ai russi - Se il giochino funziona tra qual­che anno Babbo Natale e le sue renne gireranno con passaporto e targa da­nese. Se non ci credete sfogliatevi «Strategia per l’Artico», la ricerca sponsorizzata dal ministro della Ri­cerca scientifica di Copenaghen. La ricerca è considerata dagli esperti una vera bomba geopolitica. Una bomba capace di ribaltare le sorti del­la grande guerra per il Polo Nord. Pro­prio così. Lo scontro diplomatico, mi­litare ed economico - innescato nel­­l’estate 2007 dalla spedizione di un sottomarino russo che pianta una bandiera russa sotto il circolo polare - rischia di esser vinta non dai capitan Nemo di Mosca, ma dalle teste d’uo­vo dell’accademia geografica dane­se. In effetti chi è riuscito ad esaminare il documento già attribuisce la vitto­ria finale alla piccola, ma caparbia Da­nimarca. «Alcuni esami anche se mol­to preliminari dimostrano che Cope­naghen possiede gli argomenti più concreti per pretendere l’inserimen­to del Polo Nord nei propri territori» spiega Ron McNab, uno scienziato canadese che ha lavorato per anni al­l’­istituto canadese per i rilevamenti geografici sull’artico. Copenaghen sarebbe, insomma, l’unica delle cin­que nazioni in lotta per il controllo della regione e delle sue risorse capa­ce di provare scientifica­mente la con­tinuità territoriale tra lo zoccolo conti­nentale del Polo Nord e i propri terri­tori. Un giochino messo a punto di­mostrando l’esistenza di una connes­sione diretta tra il continente artico e quei territori della Groenlandia sotto amministrazione danese da oltre sei secoli. Per meglio comprendere il grande gioco di ghiaccio bisogna par­tire dalla fine. O meglio dal fatidico 2014. Entro quell’anno Danimarca, Russia, Canada, Stati Uniti e Norve­gia, ovvero i cinque paesi con accesso diretto al circolo polare artico, do­vranno presentare alle Nazioni uni­te, titolare della sovranità provvisoria sul Polo Nord, le proprie rivendicazio­ni territoriali. La lotta per la spartizio­ne del continente bianco non è pro­prio una gara da quattro soldi. Sotto quella cupola gelata si nascondono giacimenti di petrolio e gas pari al 25 per cento delle riserve mondiali. Un quarto delle risorse energetiche anco­ra da sfruttare è riposto, insomma, in quell’immenso frigorifero.Un frigori­fero ogg­i assai più facile da violare gra­zie allo scioglimento e all’arretramen­to dei ghiacci. Il problema è però riu­scire a dimostrare di possederne i contenuti. I russi, fedeli a stazza e tra­dizioni, ci provano esibendo i musco­li e cercando di creare, prima del 2014, una situazione di fatto che legit­timi le loro mire geopolitiche. Tutto inizia nell’agosto del 2007 quando due batiscafi russi lasciano Murmunsk in Siberia e si dirigono verso il Polo costeggiando la cosiddet­ta dorsale Lemonov, la grinza subac­quea su cui poggia la pretesa russa di trasformare l’artico in una «depen­dance » casalinga. Con quella missio­ne - affidata ad eminenti quanto alli­neati scienziati e suggellata dalla ban­diera in titanio piantata a quattromi­la metri di profondità - il Cremlino ri­vendica la continuità dello zoccolo continentale e il pieno possesso di tut­ti i territori che vi si estendono sopra e sotto. Rivendicazione sottolineata, un anno dopo, dal presidente Medve­dev che non esita ad ipotizzare l’an­nessione immediata di uno spicchio d’artico definito d’importanza strate­gica: «Dobbiamo mettere a punto tut­te le formalità necessarie per spinge­re i confini fino allo zoccolo continen­tale, questa è la nostra responsabilità nei confronti delle generazioni futu­re » spiega il presidente rivolgendosi ai componenti del Consiglio per la si­curezza nazionale. Le mire russe rischiano ora di venir spazzate dai certosini rilevamenti de­gli scienziati danesi pronti, dopo quattro anni di ricerche, a presentare alle Nazioni unite il documento che fa carne di porco delle teorie di Mo­sca. Un documento non ancora uffi­ciale, ma «grazie al quale saremo in grado- preannuncia il ministro degli Esteri danese Lene Esperse –di avan­zar pretese su un’area che include i fondali del Polo Nord». Un modo co­me un altro per spiegare ai precipito­si avversari russi che «carta canta mentre il villan dorme».