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 2011  maggio 18 Mercoledì calendario

Braccia non rubate all’agricoltura: i nuovi contadini - Le montagne sono quelle di Buzzati. Davide Bortoluzzi si ritrova a venticinque anni a vivere a Belluno

Braccia non rubate all’agricoltura: i nuovi contadini - Le montagne sono quelle di Buzzati. Davide Bortoluzzi si ritrova a venticinque anni a vivere a Belluno. Il padre fa il geometra, prima o poi il desti­no l­o avrebbe portato da quel­le parti, in un ufficio, a traccia­re linee, studiare progetti. Ci ha pensato su per un po’ di tempo. Poi ha guardato oltre, verso le montagne, cime aguzze come dita puntate contro il cielo, da scalare, con quelle curve da Giro d’Italia, con il sole che crea riflessi strani. Fare il geometra non era il suo mestiere. Qualche soldo l’aveva, il resto lo ha ot­tenuto con una serie di finan­ziamenti, e si è comprato un gregge di cinquecento peco­re, più muli e cani e se ne è andato sui pascoli delle Tre Cime di Lavaredo, come un cow boy, vivendo anche dei campi, da contadino, e sal­vando dall’estinzione una razza ovina,l’agnello di Alpa­goto. Sono arrivati da tutte le par­ti, di mattina, in un posto che di solito ospita gente diversa: scrittori, attori, musicisti. L’Auditorium di Roma, quel­lo disegnato da Renzo Piano, diventa lo scenario di una riu­nione di contadini under trentacinque. Sono più di duemila. Sono arrivati qui chiamati dalla Coldiretti e so­no il volto di un’Italia diversa da quella che di solito viene raccontata. Si parla poco dei contadini. Sono un figura che sembra appartenere al passato. Evoca i latifondi pu­gliesi di Di Vittorio o i cafoni di Fontamara. Scordatevi per ora tutto questo. Questi qui vo­gliono dimostrare che di terre si campa e si campa bene. Qualcuno ha ereditato azien­de di famiglia, altri si sono in­ventati una professione. C’è chi ha deragliato dallo studio del padre notaio e chi è sfuggi­to alla disoccupazione. Molti sono laureati e prima di darsi all’agricoltura si sono fatti un giro per il mondo. Sono un éli­te, certo, ma la prima cosa che noti sono due qualità: corag­gio e inventiva. Questa élite contadina fa impresa e fa an­che lavorare parecchia gente. La Coldiretti dice che da qui nei prossimi dieci anni arrive­ranno 250mila posti. Già ades­so, in controtendenza rispetto a altri settori, nelle campagne l’occupazione è salita del 2 per cento. Gli autonomi sono 462mila, i dipendenti 429mila (più 3,3 per cento). Sanno sfruttare i finanziamenti euro­pei, ma soprattutto pensano senza frontiere. Quando parla­no di mercati citano la Cina, l’Australia, il Giappone. Quasi tutti si lamentano che hanno difficoltà a trovare manodope­ra, quella tradizionale e non solo. Mancano trattoristi, ta­glialegna, potatori, vignaglio­li, macellatori, operai per la produzione di yogurt e formag­gi. Non è facile, in queste cam­p­agne diverse dai latifondi del­la raccolta pomodori, trovare perfino i lavoratori stagionali. Lì vedi qui, a spiegare i loro affari, che spesso sono fatti di sogni, e ci credono, scommet­tono, con gli occhi che brilla­no. Ci sono i due ragazzi salen­ti­ni che si sono inventati la cre­ma di oliva. È dolce, a vederla nella crostata sembra quasi nutella, e si vende in barattoli con la scritta in rosa: olivotto. Matteo Furlani vende la cre­ma viso allo spumante, 80 eu­ro al dettaglio. Domenico Poz­zi, da Morosolo, cerca la perfe­zione nel «fiore finale», il fiore che ha in sé tutti i fiori, l’orchi­dea. Mosè è di Varapodio, vicino a Reggio Calabria, e la sua mis­sione è il bergamotto. Non sol­tanto la polpa, quella si vende bene come frutto, elisir, in pa­sticceria, ma anche la buccia, che diventa souvenir. Mosè ti racconta che dalle sue parti il tabacco da fiuto, da masticare o da pipa è usanza antica. «I no­stri bisnonni per aromatizzare il tabacco si erano inventati con la buccia riversa del berga­motto una tabacchiera con tappo a vite. Lo annusavano versandone un pizzico nel ca­vo dell’avambraccio, il “Cavo del Tabacco”. La tradizione si perse. Fu il parroco del paese, Don Antonino De Masi, a sal­vare i ricordi. Si era messo in testa che bisognava recupera­re questo oggetto. Mise su una bottega con l’aiuto e i ricordi di un vecchio contadino di Gal­­lico, Pasquale Pizzimenti. È da lì che è ricominciato tutto». Co­me dicono dalle sue parti, sia­mo tutti sudditi di sua maestà il bergamotto. Cosa accade se due amici scoprono di poter sfruttare le loro risorse per conquistare i mercati giapponesi? Uno è il giovane erede di un’azienda chiamata «La piemontesina». Sono anni che hanno scom­messo sul latte d’asina, l’altro ha vissuto a Tokyo per impara­re il giapponese. Si sono messi insieme per produrre creme e cosmetici di latte equino. La «Bianca Cosmetic» è il loro viaggio alla ricerca dell’orien­te. Maria Letizia Gardoni par­la della terra con la stessa forza di Rossella O’Hara,stringe i pu­gni e ti fissa senza mai abbassa­re lo sguardo. I genitori sono dipendenti pubblici, con un bel po’ di terra da parte, nove ettari. Lei a 19 anni decide che quella è la sua terra. Terra di Osimo, in provincia di Anco­na. Tre anni dopo è dottoressa in Agraria, coltiva ortaggi al na­turale, niente sostanze chimi­che e diverse colture sullo stes­so terreno. Questo significa che deve far riposare la terra con l’erba medica. È costoso. È fatica. Ma è il suo patto con la terra. Queste sono storie di contadini. Braccia strappate alla disoccupazione.