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 2011  maggio 18 Mercoledì calendario

DIETRO I NEOLOGISMI IL TABÙ DEFAULT

Ristrutturazione "soft" o "hard", volontaria o imposta. Rimodulazione delle durate, estensione delle scadenze per via di un ambiguo "reprofiling". Taglio delle cedole o vero haircut con riduzione del capitale. Rescheduling, trigger, credit event, rischio-contagio. Sono queste le parole che sempre più spesso vengono associate alla crisi della Grecia: alcune di vecchia data, altre goffi neologismi per mascherare il tabù, il default. I leader politici europei, gli operatori finanziari e gli investitori a tempo pieno spostano questi tasselli, tra coupon, scadenze e prezzi dei bond, nella speranza di ricomporre il mosaico della sostenibilità del debito pubblico greco, 329 miliardi nel 2010 pari al 142% del Pil ma diretto verso il 150-160 per cento.

Qualsiasi ristrutturazione, per avere pieno successo, dovrà centrare due obiettivi: il ritorno a una traiettoria sostenibile di debito/Pil in Grecia e la tenuta della fiducia dei mercati nell’euro, nelle istituzioni europee, nella capacità di Irlanda e Portogallo di ripagare i debiti.

Una soluzione "soft" greca ma inefficace sarebbe inutile perché verrebbe seguita dalla versione hard. Ma cosa significa "soft"? Una ristrutturazione del debito greco quanto più possibile indolore per il mercato, a causa del rischio contagio, scarica lo sforzo maggiore su Ue, Fmi, Efsf e Efsm: ecco perché è in ballo un aumento degli aiuti, già concessi per 110 miliardi. Con altri 30-40-50 miliardi si assicura il rimborso dei titoli greci in scadenza nel 2012 (24 miliardi) e per metà del 2013: i nuovi prestiti avrebbero una lunga scadenza, 10, 20 o più anni. Ma il problema sarebbe solo rimandato: un’operazione di maquillage quando invece il problema è strutturale, deficit/Pil, disavanzo primario, debito/Pil, crescita. Il Credit Suisse ha calcolato che i titoli di stato greci in scadenza nei prossimi 5 anni ammontano a circa 138 miliardi.

Se le misure tampone a carico di Ue e Fmi non dovessero funzionare - eventualità alquanto plausibile a giudicare dal track-record di queste istituzioni nella gestione della crisi greca - il coinvolgimento dei privati nell’azione di salvataggio di Atene sarebbe inevitabile. Anche in questo caso, la prima opzione sul tavolo è di natura "soft", la più indolore: allungamento delle scadenze accettato dai privati (investitori istituzionali, risparmiatori, banche) su base volontaria. Il cosiddetto "reprofiling" emerso ieri all’Ecofin. Ma non è affatto chiaro di che tipo di allungamento di scadenze si tratti: cinque anni basterebbero a chiudere la questione? Sul mercato girano voci di rimodulazioni fino a 50 anni. Un titolo che scade tra due anni e che all’improvviso viene scambiato con un altro con durata di 10 anni perde di valore, senza ritocco all’insù della cedola. Estendere le sole scadenze dei bond greci è però una versione di ristrutturazione in pole position, piace alle banche. Le banche detengono i titoli greci nel "banking book" che, a differenza del trading book, non è soggetto al mark-to-market: se i titoli sono stati emessi alla pari (100,00) e rimborsati alla pari, le banche in questo caso non si accollano le perdite con impatto sul capitale. Allungare le durate ha altre implicazioni: penalizza di più i detentori dei titoli a breve scadenza. Gli investitori istituzionali, soggetti al mark-to-market, per accettare su base volontaria questo tipo di ristrutturazione chiedono il "par value neutral": se un titolo greco in questo momento vale 60,00 sul secondario, ebbene in seguito alla ristrutturazione dovrebbe valere altrettanto, 60,00. E per fare questo, se la duration viene allungata, la cedola va rialzata. Ma il problema resterebbe irrisolto: la Grecia non può pagare per più anni coupon più alti.

Ecco allora che dalla soluzione soft si passa a una formula semi-hard che comporta oltre all’allungamento delle scadenze anche la riduzione delle cedole. Tagliare i coupon ha un impatto negativo più forte sui titoli a lunga scadenza, fanno notare al CS. La perdita del valore dei titoli greci a quel punto diventerebbe pesante ma la sosteniblità del debito greco più alla portata. Purtroppo, tanto più le condizioni proposte ai privati diventano penalizzanti, tanto meno è possibile contare su un’ampia partecipazione su base volontaria, un presupposto fondamentale per ridurre quanto serve lo stock del debito greco. La soluzione volontaria, unicamente se soft, è molto importante anche perché non fa scattare il trigger credit event e le protezioni dei credit default swap: un effetto-domino che rievoca il collasso di Lehman. Ma la coperta è corta.

Falliti i metodi supersoft, soft e semi-hard, sul piatto non resta altro che la formula hard: allungamento delle scadenze, taglio delle cedole e anche del capitale (haircut) per far scendere il debito/Pil sotto la soglia del 100 per cento. Una soluzione drastica, imposta al mercato, con una probabile impennata del rischio-contagio a partire da Portogallo e Irlanda.