Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  maggio 19 Giovedì calendario

CONSULTA, IL 6 LUGLIO UDIENZA SUL CASO RUBY

Presentato martedì a palazzo della Consulta, e già fissato per l’udienza del 6 luglio. Il ricorso della Camera contro la Procura e il Gip di Milano nel processo Ruby (con cui si chiede di trasferire gli atti al Tribunale dei ministri ma senza mai citare Silvio Berlusconi e la sua telefonata sulla «nipote di Mubarak») trova una corsia superpreferenziale: ad accordargliela è Paolo Maddalena, il giudice costituzionale più anziano "facente funzioni" di presidente della Corte fino ai primi di giugno, quando verrà eletto il successore di Ugo De Siervo, scaduto il 29 aprile. Maddalena ha anticipato a luglio l’udienza sull’«ammissibilità» del ricorso, preliminare a quella sul merito (prevista a questo punto tra ottobre e dicembre) sebbene l’agenda della Corte fosse già piena fino al 5 ottobre, data in cui De Siervo aveva infatti fissato un altro conflitto contro i magistrati di Milano, quello presentato dal governo e riguardante il processo Mediaset-diritti tv. Tempi ordinari, secondo De Siervo; ridotti, secondo Maddalena. Una decisione politica, che consentirà alla difesa del premier (dopo l’ammissibilità del conflitto) di chiedere la sospensione del processo Ruby prima dell’estate. A decidere sarà il Tribunale (lo stop non è obbligatorio), a meno che ad imporgliela sia la norma «blocca-Ruby» che il Pdl vuole inserire nel ddl sul «processo lungo» e approvare al Senato a giugno.

A palazzo della Consulta non ricordano precedenti di un conflitto fissato a 24 ore dalla presentazione. Il fatto non è passato inosservato, e così pure l’anticipazione dell’udienza, presa non da un presidente in carica ma da un "reggente" (nella corsa alla presidenza, i boatos danno per favorito Alfonso Quaranta, che resterebbe alla Corte fino a gennaio 2013, mentre Maddalena e Alfio Finocchiaro hanno solo pochi mesi). Diversa anche la scelta del relatore: Giuseppe Tesauro e non Sabino Cassese, cui sono già stati assegnati il conflitto Mediaset e quello sul caso Mastella.

Nelle 39 pagine del ricorso non si fa mai riferimento – lo nota subito il Pd – alle ragioni poste dalla maggioranza a base del conflitto: «la parentela tra Ruby e Mubarak e i delicati rapporti internazionali che ne derivano». Si parla solo dell’obbligo dei magistrati di trasmettere subito gli atti al Tribunale dei ministri. Curiosità: per ben otto volte si cita la sentenza 2009 con cui la Corte riconosce che la Camera ha voce in capitolo sulla natura del reato, e solo una volta, invece, la sentenza 2011 con cui la Cassazione (fermo il diritto delle Camere di interloquire) dice che spetta al giudice il potere «esclusivo» sulla natura ministeriale del reato e che, se la esclude, non ha alcun obbligo di informarne le Camere. Nel ricorso solo quattro righe per dire che «non è condivisibile».