GIOVANNI CERRUTI, La Stampa 19/5/2011, 19 maggio 2011
Premier indebolito Il Senatùr aspetta il momento buono - Sintesi: «Abbiamo sbagliato campagna elettorale», «Vinceremo al ballottaggio», «Comunque il governo non cade», «Di sicuro non ci faremo trascinare a fondo»
Premier indebolito Il Senatùr aspetta il momento buono - Sintesi: «Abbiamo sbagliato campagna elettorale», «Vinceremo al ballottaggio», «Comunque il governo non cade», «Di sicuro non ci faremo trascinare a fondo». Delle quattro frasi è l’ultima quella che agiterà queste 11 giornate, sia sotto che sopra il Po. L’ha detta dopo aver meditato qualche secondo, non al volo. E può essere intesa, al momento, come la seria preoccupazione che siano altri ad andare a fondo. Per carità, a parole tutti i leghisti seguiranno il Capo, o Milano o morte, ma che davvero credano alle possibilità di un successo di Moratti è una comprensibile bugia. Chi rischia di andare a fondo, e Bossi l’ha annunciato a fine aprile dopo un comizio a Domodossola, è chi ha insistito per Letizia Moratti candidata e si è voluto mettere in corsa e in lista, l’amico Silvio che non gli ha dato retta. Dal non farsi trascinare, dal non precipitare nel burrone che potrebbe aprirsi il 30 maggio, ad abbandonare Berlusconi e il governo ce ne corre. Bossi, è vero, non ne ha mai parlato, ma l’eventuale strategia sarebbe quella del «Va pian», come ha risposto a un militante milanese che gli dava sul tempo, stufo di un’alleanza ormai sentita come zavorra. Fosse solo per lui, per Bossi, per andare a recuperare i suoi voti perduti farebbe anche saltare il banco subito. Ma non può. La Lega ha un presente di governo anche in Piemonte, in Lombardia, in Veneto. Nè ribaltoni nè strappi sembrano possibili senza conseguenze e reazioni degli alleati. Appunto, «va pian». Anche perchè, da un Berlusconi indebolito, la Lega avrebbe ancora parecchio da ottenere. A metà giugno Bossi raduna i suoi sul pratone di Pontida, e gli piacerebbe poter annunciare il trasferimento al Nord di qualche ministero. Sempre da un Berlusconi indebolito potrebbe ricavare più spazi, più potere, dai posti in Rai alle nomine da assegnare a chi si mette un fazzoletto verde nel taschino. Insomma, prima di andarsene senza spegnere la luce ci sarebbe ancora un po’ di mobilia da portar via. Tutti scenari, questi, che oggi un qualsiasi leghista negherebbe. Perfino Bossi, che piuttosto preferisce ribadire che a Milano e in tutti i ballottaggi si vince. Peccato che ci credano in pochi: è «la remota possibilità», come si legge sulla pagina di Facebook di un candidato al consiglio comunale di Milano. E tutti, anche in Lega, sono lì ad interrogarsi su cos’abbia in mente il Capo, su cosa potrà accadere tra 11 giorni. «Va pian». E nell’attesa c’è la campagna elettorale da terminare, bisogna dimostrare a Berlusconi, più che a Moratti, che la Lega si batte, fatica e suda. E pazienza se Matteo Salvini, il vicesindaco di Moratti, continua a parlare con candida franchezza: «Anche se Moratti ha sbagliato campagna elettorale e bisognerebbe chiedere scusa ce la possiamo ancora fare». Però lo sa anche lui che parecchi elettori leghisti non l’hanno votata. Insomma, tutti in battaglia per Moratti. E chi li seguirà, nei seggi? I militanti, d’accordo. Ma gli elettori, a quanto pare, ci credono poco o non ci credono più. Su "La Padania" di ieri un titolone in prima pagina esaltava il successo della Lega a Bologna, 10,72% dei voti. Un punto in più che a Milano. E tra l’Emilia dove cresce e la Lombardia dove cala si capisce che la Lega che piace, che prende voti, è quella che sta all’opposizione, quella che è appena arrivata. Il voto di Milano, sempre che non abbia assorbito anche i delusi del Pdl, dice che la Lega che governa piace meno. A Milano è in giunta da ben 18 anni, e l’elettore ha presentato il conto. Non solo Milano, poi. Ci sono i ballottaggi a Varese, a Novara, in provincia di Mantova, a Gallarate dove i leghisti esclusi vorrebbero votare il candidato Pd. 11 giorni e Bossi dovrà decidere. L’ultima volta che si è visto con Berlusconi erano in aula, a Montecitorio, a votare per la turbolenta mozione sulla guerra in Libia. Dal premier unacarezzasulla testa, lui aveva risposto mostrando il pugno. Per far vedere che il vecchio Bossi, anche se acciaccato da anni e malanni, ha sempre una gran voglia di battersi. Il loro è un matrimonio di interesse, come sanno i leghisti e ricorda Salvini. E se l’interesse non c’è più, perchè farsi trascinare nel burrone?