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 2011  maggio 18 Mercoledì calendario

Bankitalia, Fmi e Fsb Il risiko scalda i motori - Almeno un tassello, nel risiko delle poltrone, è andato a posto

Bankitalia, Fmi e Fsb Il risiko scalda i motori - Almeno un tassello, nel risiko delle poltrone, è andato a posto. Da ieri Mario Draghi è stato designato dall’Ecofin presidente della Banca centrale europea. Se il Consiglio europeo del 24 giugno confermerà questa scelta, in autunno il governatore di Banca d’Italia assumerà l’incarico di timoniere dell’euro nel bel mezzo della peggiore bufera dalla sua fondazione. Nelle stesse ore in cui nelle cancellerie europee che contano Draghi ascendeva senza rivali alla presidenza dell’Eurotower, un astro della politica francese, il direttore del Fondo monetario internazionale Dominique Strauss-Kahn, precipitava nella polvere. Così, il risiko internazionale delle poltrone si è complicato nelle stesse ore dell’incoronazione di Draghi. Ed ha assunto una dimensione più globale. C’è da trovare un erede degno a un economista che ha cambiato profondamente la struttura decisionale e la traiettoria del Fmi e che stava governando con polso fermo anche la grave crisi dei debiti sovrani europei. Scontato, dunque, che la cancelliera tedesca Angela Merkel abbia espresso già a poche ore dall’orrendo scandalo che ha travolto l’ex ministro delle Finanze francese, il desiderio che sia un europeo a succedergli. Ma secondo indiscrezioni avrebbe fatto un passo in più. Avrebbe ristretto il campo a un connazionale, l’attuale ad di Deutsche Bank, Joseph Ackermann. La Francia, tuttavia, paese tradizionalmente attento alla distribuzione internazionale di poltrone altolocate (adesso, per citarne qualcuna, vantano la presidenza della Bce, del Wto e del Fmi), ha già messo la sua fiche su quella postazione. L’idea è quella di far traslocare a Washington Christine Lagarde, attuale ministro delle Finanze. Ma a frenare i desiderata francesi e tedeschi sono soprattutto i paesi emergenti, che con la recente riforma del Fondo hanno acquisito più peso dentro l’organizzazione e che aspirano a spezzare la lunghissima consuetudine, da Bretton Woods a oggi, che voleva un europeo lì e un americano alla Banca mondiale. Il prossimo direttore generale potrebbe essere allora un turco, un cinese o un brasiliano. Ma non egiziano, visto che ieri l’amministratore delegato di Pimco, Mohamed El-Erian ha detto che non si candida a diventare direttore del Fmi. Un altro problema che si dimentica spesso è che con la scelta di Draghi si liberano non una ma due poltrone. Al più tardi a ottobre l’ex allievo di Federico Caffè e Franco Modigliani dovrà lasciare non solo Palazzo Koch, ma anche un altro incarico di primissimo piano, quello di presidente del Financial stability board. L’organismo che dall’inizio della crisi ha cominciato a delineare, su incarico del G20, le riforme che dovranno preservare la finanza internazionale dal ripetere gli errori che hanno trovato un catastrofico sbocco nella tempesta da subprime - un esempio per tutti è Basilea 3 - non potrà essere presieduto da Draghi, da ottobre. Secondo indiscrezioni, anche su questo organismo, fortemente potenziato durante la sua presidenza, è stata anzitutto Angela Merkel a esprimere il desiderio di un successore di nazionalità tedesca. Su questo organismo, in teoria, si decide senza bandierine, tanto che il governatore di Bankitalia fu scelto in base al curriculum e non in base alla nazionalità. Difficile, però, che non diventi anche questa una questione di bandiere, nei prossimi mesi. Tanto più per i tedeschi, rimasti ostentatamente seduti quando è cominciato il giro di valzer post Trattato di Lisbona che ha definito la Commissione europea e la nuova Europa del secondo mandato Barroso. La Merkel aveva già prenotato la Bce. Adesso è ovvio che punti a occupare con la bandiera nero-rosso-oro un’altra poltrona internazionale di peso. In Italia è già cominciata la corsa alla successione di Draghi a via Nazionale. Resa più frizzante dal recente, delicato messaggio di Christine Lagarde. Lunedì ha chiarito che due italiani alla Bce sono troppi. In sostanza, che l’attuale membro del board, Lorenzo Bini Smaghi, dovrà sloggiare per far posto a un francese (si fa il nome di Muscat). Ma l’italiano scade nel 2013 e non ha nessun obbligo a lasciare. Tuttavia, nel totonomine è già nella pole position dei candidati post-Draghi. Dentro Banca d’Italia e, nella testa del governatore, sembra che la scelta sia però già caduta su un interno, Fabrizio Saccomanni, attuale direttore generale. Se Ignazio Visco, l’attuale vice, sarà promosso al suo posto, a Bini Smaghi potrebbe essere offerto un posto nel direttorio. Altrimenti, il consigliere della Bce potrebbe aspirare al posto di direttore generale. Che è comunque l’anticamera, come insegna il caso di un altro autorevole ex «esterno» del passato, Guido Carli, della poltrona più alta di Palazzo Koch.