Franco Bechis, Libero 19/05/2011, 19 maggio 2011
DAI REFERENDUM LA PROSSIMA BOTTA
Se la maggioranza continuerà a scricchiolare come ha fatto ieri nell’aula di Montecitorio, il rischio sarà di prendersi tutti e quattro i cazzotti che al governo potrebbero arrivare dai referendum del prossimo 12 e 13 giugno. Per una di quelle schede, la grigia sul nucleare, l’approvazione parlamentare della moratoria contenuta nel decreto legge omnibus potrebbe ancora evitare a Silvio Berlusconi la doppia frittata del sì che vince e di miliardi di investimenti buttati via per sempre. Ma fra le cattive notizie che sono arrivate dalle urne milanesi lo scorso week end e che hanno segnato il risultato elettorale un po’ in tutta Italia, per il centrodestra c’è anche questa: le scelte amministrative degli italiani, unite alla campagna elettorale per i ballottaggi e al clima politico che si sta creando rendono assai più probabile di prima il raggiungimento del quorum ai referendum. Basterà prolungare di appena due settimane una campagna elettorale imprevista che infiammerà la corsa ai ballottaggi. E siccome domenica, mentre Pd e Pdl hanno parecchie ferite da leccarsi, dalle urne sono uscite in modo inatteso vincenti le forze più radicali, diventa assai realistico che l’onda possa allungarsifino alla domenica referendaria. Giorno in cui l’unica incertezza è proprio quella del quorum, perché se si raggiungesse il numero minimo necessario di votanti, non c’è dubbio che a prevalere in tutti e tre o quattro i quesiti saranno i sì. Dai vendoliani all’Italia dei Valori, dai grillini agli altri movimenti della sinistra tutte le principali sigle politiche che alle amministrative sono state la sorpresa, risultano anche fra i promotori dei referendum sulla privatizzazione dell’acqua, sul nucleare e sul legittimo impedimento.
Il clima politico che si è creato ora depotenzia di molto l’efficacia dello stratagemma governativo di spostare a metà giugno la consultazione referendaria nella speranza di trovare elettori più interessati a un week end di sole sulle spiagge che a una fila al seggio.
È possibile che quello sul nucleare alla fine si riesca ad evitare, ma gli altri tre (due sull’acqua e uno sul legittimo impedimento) hanno tutti più la forza politica di una spallata al governo di un’efficacia sostanziale. Referendum o meno le norme sul legittimo impedimento sono comunque già state depotenziate dalla Corte Costituzionale e in più sono vicinissime alla scadenza. In teoria la maggioranza avrebbe potuto immaginare un loro rinnovo, ma dopo l’approvazione della prescrizione breve non era nemmeno così essenziale. Non ci sarebbero dunque danni processuali per Silvio Berlusconi in caso di sì a quel quesito. La sua pericolosità per il governo è più politica che sostanziale: fra ballottaggi e ultimi giorni di campagna più che sul legittimo impedimento il referendum diventerebbe su Berlusconi e la sua permanenza a palazzo Chigi. Danni più sostanziali arriverebbero dalle due domande sull’acqua pubblica, il cui servizio in caso di vittoria dei sì non sarebbe più remunerativo e la gestione in ogni caso non affidabile a soggetti privati. Nascerebbero problemi certi in quelle amministrazioni locali in cui il servizio è già stato affidato a privati o a società pubblico-private. E anche qui qualche scherzo politico potrebbe non mancare. Perché sono chiare le sigle dei promotori dei due quesiti, ma non sono pochi nemmeno i mal di pancia della Lega Nord sulla gestione delle municipalizzate (il partito di Umberto Bossi è sempre stato freddino sulla liberalizzazione dei servizi pubblici locali), tanto che anche questo referendum potrebbe assumere significati politici più larghi della materia trattata.
Franco Bechis