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 2011  maggio 15 Domenica calendario

L’AMBIGUITA’ DEI GENERALI PACHISTANI - L’

eliminazione di Osama Bin Laden ha suscitato un vespaio di polemiche sul Pakistan. Possiamo dunque rimettere in discussione la sua politica nei confronti dei terroristi, i complicati rapporti con gli Stati Uniti, le sue crescenti disfunzionalità. Un’ occasione, questa, che dovrebbe però portare a qualcosa di più di una semplice analisi, riconoscendo che è giunto il momento di passare all’ azione, di spingere il Paese verso la moderazione e la vera democrazia. Fino ad oggi, in Pakistan, i militari hanno affrontato la crisi reiterando sempre gli stessi vecchi trucchi nella speranza di resistere alla bufera: hanno passato documenti riservati ai giornalisti fidati, sguinzagliato attivisti e politici, tutto allo scopo di soffiare sul fuoco dell’ anti-americanismo. Ora che sono stati smascherati in una situazione che lascia intuire o la complicità con Al Qaeda o una gravissima incompetenza - e la realtà abbraccia probabilmente entrambi i fattori - ecco che si sforzano disperatamente di cambiare argomento. I massimi vertici delle forze armate denunciano con rabbia l’ America per aver condotto il blitz nel loro Paese. «È come se uno, scoperto a letto con la moglie di un altro, se la prendesse con il marito che è rientrato in casa», ha commentato uno studioso pachistano, preferendo conservare l’ anonimato per timore di ritorsioni. È una strategia che ha funzionato in passato. Nel 2009 il governo Obama ha ricevuto l’ appoggio dei senatori Richard Lugar e John Kerry per triplicare gli aiuti americani al governo e al popolo pachistani per un totale di 7,5 miliardi di dollari in cinque anni, a condizione che fossero adottate misure adeguate a rafforzare la democrazia e consentire alla società di controllare le forze armate. I militari hanno reagito scatenando campagne di odio contro l’ America, ricorrendo ai loro simpatizzanti nei media e in Parlamento per denunciare le «violazioni della sovranità pachistana», l’ identica frase che viene sbandierata oggi. Di conseguenza, gli Stati Uniti hanno fatto un passo indietro, astenendosi dall’ imporre, nella pratica, i vincoli menzionati dal decreto Lugar-Kerry. In altre parole i militari sono riusciti, ancora una volta, a sottomettere il governo civile. Secondo fonti pachistane, il recente discorso del primo ministro Yousaf Raza Gillani è stato confezionato dai militari. Il presidente Asif Ali Zardari cerca continuamente di blandire i generali, anziché prenderli di petto. Insediatosi al potere con l’ ambizione di soggiogare l’ esercito, il governo, benché democraticamente eletto, si è ridotto a ripetere a comando le rimostranze suggerite dai servizi di sicurezza. Non si sono viste manifestazioni di protesta contro l’ uccisione di Bin Laden, anche se una marcia di 500 persone a Lahore è stata mandata in onda ossessivamente dalla tv. Ma resta la domanda fondamentale: come mai il principe del terrorismo globale abitava lì, supportato da una qualche forma di rete amica che sicuramente comprendeva figure del governo? Come si spiega che tutti i capi di Al Qaeda catturati dal 2002 a oggi vivevano al sicuro in qualche città pachistana? E come mai ogni qualvolta si riparla di queste cose ecco che interviene una campagna di anti americanismo e di fanatismo religioso a vanificare ogni sforzo? A più riprese Washington ha fatto concessioni ai militari pur di ottenere la loro collaborazione per evitare che si rivolgessero altrove alla ricerca di finanziamenti - in Cina, per esempio. I pachistani hanno bisogno degli aiuti americani, come pure di armi e addestramento per mantenere in funzione l’ esercito. Ma se vorranno continuare a ricevere questi benefici, i militari dovranno contribuire a risolvere, e non ad aggravare, i problemi del Pakistan. Washington dovrebbe, con una certa urgenza: 1) esigere la creazione di una commissione nazionale d’ inchiesta in Pakistan, guidata da un giudice della Suprema Corte, e non da un qualunque ufficiale dell’ esercito, per indagare se Bin Laden e altri capi di Al Qaeda sono stati aiutati da qualche elemento del governo pachistano; 2) esigere il totale rispetto delle condizioni enumerate nel decreto Lugar-Kerry sul controllo delle forze armate da parte del governo civile, pena la soppressione dei finanziamenti; 3)sviluppare un piano per dare la caccia in Pakistan alle principali reti del terrore che finora hanno agito nella più totale impunità, quali le fazioni Haqqani, Quetta Shura e Lashkar-i-Taiba. Nel lungo periodo, quando ridurranno la loro presenza militare in Afghanistan, gli Stati Uniti potranno fare a meno dell’ esercito pachistano, che oggi appoggia le truppe impegnate nel teatro di guerra. Il governo civile del Pakistan, il settore economico e tutti gli ambiti culturali saranno chiamati a svolgere un ruolo sempre più impegnativo in questa battaglia. Non dovranno lasciarsi distrarre da vuoti slogan anti americani o dalla tentazione di un nazionalismo esasperato. Per il Pakistan è giunto il momento della verità, l’ occasione d’ oro per rompere con un passato ambiguo e diventare un Paese moderno e normale. Potrebbe essere, questa, la sua ultima opportunità.
Zakaria Fareed
traduzione di Rita Baldassarre