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 2011  maggio 15 Domenica calendario

COMUNISMO IN INDIA, CADE IL MURO DI CALCUTTA. LA «GRANDE SORELLA» CACCIA VIA IL «BUDDHA ROSSO»

Sono andati a festeggiarla fin davanti alla sua casa di Calcutta. In migliaia si sono ammassati per tenderle la mano, le dita alzate in segno di vittoria. Lei, minuta nel suo sari bianco e grigio, infradito ai piedi, si è concessa alla folla, sguardo fiero e sorridente: Mamata Banerjee sa che passerà alla storia come la donna che ha segnato la fine del governo comunista (eletto democraticamente) più longevo al mondo: nello stato indiano del Bengala occidentale durava da 34 anni. Attuale ministro delle Ferrovie del governo di Nuova Delhi, nota come «Didi» (grande sorella), ma anche «Drama queen», per il suo modo istrionico di fare politica (si è persino messa a dipingere per raccogliere fondi per il partito), Mamata è riuscita a scalzare nelle elezioni locali Buddhadeb Bhattacharjee, il «buddha rosso» che ama l’ Italia. Il suo partito, il Trinamul Congress, ha conquistato 177 seggi su un totale di 294, lasciando la sinistra a un minino di 63 nel parlamento bengalese. La maratona elettorale (durata un mese, 4 Stati e una città coinvolti con 140 milioni di elettori) ha decretato la sconfitta dell’ altra storica «fortezza rossa» indiana, il Kerala, la «Svizzera» del Subcontinente, dove lo storico leader comunista V.S. Achuthanandan, 87 anni, ha perso lo scettro di pochissimo a vantaggio, anche in questo caso, di una coalizione composta da un partito regionale e dal Congresso, il partito di Sonia Gandhi al potere, disperatamente a caccia di consensi dopo i recenti scandali per corruzione che hanno fatto traballare il governo di New Delhi. Ma l’ avvento dell’ industrializzazione che ha lanciato l’ India nel mondo come potenza economica ha avuto un impatto più forte e sgretolato l’ immagine dei marxisti nel Paese. Buddhadeb Bhattacharjee è stato punito perché sognava di aprire il marxismo all’ economia di mercato e trasformare Calcutta in una nuova Shangai, convinto com’ è che il futuro del Bengala occidentale, oggi stato rurale, sia nelle mani degli imprenditori e non dell’ agricoltura: un progetto che ha sollevato la rabbia dei contadini. Molti di loro qualche anno fa si sono visti confiscare le terre quando il governo di Calcutta autorizzò Tata Motors a costruire sul proprio territorio la fabbrica della Nano, la «minicar del popolo». I contadini si ribellarono, appoggiati dalla Banerjee, e alla fine la casa automobilistica indiana dovette rinunciare al progetto. I contadini la chiamavano Mamata la «bandh», una che blocca tutto (il «bandh», «chiuso» in hindi, è una sorta di sciopero generale, un divieto assoluto di circolazione per le campagne, con negozi chiusi, risciò, bus e treni fermi: una forma di protesta tipica dei ribelli maoisti). Ma la vittoria della Banerjee non si spiega soltanto con il suo sorpasso a sinistra del «neocomunista» Bhattacharjee. La chiave del suo successo sta nell’ aver saputo rassicurare contadini, diseredati (a Calcutta la maggioranza dei suoi 12 milioni di abitanti) ma anche imprenditori e investitori. Come saprà accontentare entrambi è tutto da vedere. Protagonista di questa tornata elettorale è anche un’ altra donna, l’ ex attrice Jayalalithaa Jayaram, che ha vinto nello stato meridionale del Tamil Nadu, trainata dallo scandalo-corruzione che ha colpito gli avversari. Il suo partito, l’ Aiadmk, all’ opposizione nell’ ultima legislatura, ha battuto il Dmk, alleato chiave del governo di Nuova Delhi, al centro di uno scandalo sulle licenze dei telefonini che è costato alla nazione 39 miliardi di dollari e ha portato a novembre uno dei suoi leader a dimettersi da ministro delle Telecomunicazioni. Il Congresso mantiene invece il piccolo Assam, famoso per il tè, ma anche tormentato dalla guerriglia separatista. Ai comunisti invece non resta ora che il piccolo stato settentrionale del Tripura.
Alessandra Muglia