MAURIZIO FERRARIS , Repubblica 14/5/2011, 14 maggio 2011
IL SAPERE IN UNA MAPPA
Declina la carta, trionfano le carte. Certo le carte, nel senso delle mappe, dei diagrammi economici, degli atlanti linguistici, ci sono sempre state. Per i più affezionati, c´erano gli atlanti storici, dove il tempo si trasformava in spazio, e la storia in geografia. E il piacere puro del leggersi le carte geografiche alla sera, come se fossero romanzi. Ma era niente in confronto a oggi. Ora accendi la tv e scopri che quella scatola che un tempo ospitava parole e immagini in movimento, uniche mappe quelle del meteo, è una giungla di scritte, carte e diagrammi.
Poi apri un libro, che è mediamente molto più pieno di illustrazioni di quanto non avvenisse un tempo, con schemi, grafici, figure, perché i programmi dei computer danno molta maggiore libertà agli autori e agli editori. E Jennifer Egan ha vinto il Pulitzer con A Visit from the Goon Squad, un romanzo che contiene una settantina di pagine il cui formato è quello delle slides di PowerPoint.
Il fenomeno sta suscitando un diffuso interesse. Due anni fa, da Bompiani, era uscito il libro di Valeria Giardino e Marco Piazza Senza parole. Ragionare con le immagini. E sulla fioritura dell´infografica si concentra oggi la cover story di una sofisticatissima rivista di mediologia, Link- idee per la televisione. Dove, oltre ad articoli e visualizzazioni di grande interesse troviamo una meta-mappa, una cronologia delle visualizzazioni, da quando, nel 550 avanti Cristo, Anassimandro disegnò il mondo abitato, sino alle elaborazioni del design informatico contemporaneo, passando per l´albero della conoscenza di Raimondo Lullo (1305), la mappa della febbre gialla a New York (1798), quella della metropolitana di Londra (1933), e la placca che nel 1972 fu applicata alla navicella Pioneer spedita nello spazio profondo, e destinata a informare eventuali extraterrestri su quello che siamo senza ricorrere a una qualche lingua umana. Ecco, ma perché proprio oggi c´è una esplosione delle visualizzazioni? Qui abbiamo a che fare con tre elementi che nella nostra epoca risultano particolarmente facili da realizzare sotto il profilo tecnico.
Il primo è la quantificazione. La carta, il grafico, ci permette di cogliere in un colpo d´occhio la quantità, proprio come carta, penna e pallottolieri ci consentono operazioni che a mente sarebbero impossibili. In questo senso, Google è l´azienda che più di ogni altra ha contribuito a quantificare i comportamenti, gli interessi e i valori umani. E il ritorno dei dati sembra oggi essere una caratteristica delle "Scienze umane 2.0", come suggeriva James Leynse in un articolo uscito sul New York Times dello scorso novembre. È sacrosanto ricordare che i dati vanno interpretati, ma questo non toglie che la visualizzazione del dato possiede una enorme potenza cognitiva. Ciò che nel regno delle parole o degli stati d´animo appare come un fantasma inafferrabile, come, poniamo, l´opinione della nazione su un evento storico o le preferenze in materia di ascolto televisivo, diviene una forma riconoscibile, non diversamente dai confini tra due stati o il corso di un fiume. Per esempio, sul New York Times del 3 maggio veniva offerta una visualizzazione – una carta del tenero, potremmo dire – dei sentimenti di 13.864 lettori circa l´uccisione di Osama bin Laden.
Il secondo è la visualizzazione. Si è detto tante volte che la nostra è la civiltà della immagine, intendendo, un po´ ingenerosamente, che un bel sorriso in tv ci convincerebbe più di mille ragionamenti. Bene, a parte che questo vale per qualunque epoca, solo che una volta non c´era la tv, l´intervento della visualizzazione è esattamente il contrario della seduzione televisiva. L´idea, infatti, non è di sostituire i concetti con le intuizioni, ma piuttosto di rendere intuitivi dei concetti, venendo incontro non tanto a un bisogno di leggerezza o di superficialità, ma piuttosto a una verità che era già chiara ad Aristotele: l´anima non pensa mai senza immagine. E anche le idee prendono forma, come avviene negli atlanti filosofici fioriti recentemente (per esempio quello di Elmar Holenstein tradotto da Einaudi un paio di anni fa). Ma, attenzione, si tratta di una vecchia storia, perché la necessità di dare una rappresentazione sensibile alle idee è una delle più sentite dalla filosofia, e si imparenta a nozioni come gli esempi, gli schemi e i simboli, tutti casi in cui il concettuale si manifesta in forma sensibile. Insomma, l´infografica sarebbe niente meno che una manifestazione di quello che Kant chiamava "schematismo", definendolo come un´arte nascosta nelle profondità dell´animo umano, e che presiede proprio alla difficile ma indispensabile opera di visualizzazione dei concetti.
Il terzo è l´iscrizione. Proprio perché queste immagini sono in realtà supporti per la conoscenza, il loro vero antagonista non è il pensiero, magari in nome della sensibilità, ma piuttosto è la parola. Quando siamo stanchi di parole ci concentriamo sulle immagini, ma a questo punto non è che smettiamo di ragionare. Semplicemente, incominciamo a leggere e a scrivere. Perché non dobbiamo dimenticarci che i grafi con i quali abbiamo maggiore dimestichezza, e sin dalla prima infanzia, sono proprio le lettere dell´alfabeto, e quegli straordinari ideogrammi che sono i numeri. Se siete a Budapest e, come per lo più avviene, non sapete l´ungherese, la sola cosa che vi apparirà trasparente saranno proprio loro, indipendenti dalle parole. Bene, questa indipendenza dalla lingua, questo rivolgersi all´intelletto senza passare sotto le forche caudine del linguaggio, è la grande potenza degli ideogrammi, dei diagrammi, delle carte e degli schemi. Per non parlare poi della semplificazione formale degli ideogrammi e dei pittogrammi (si pensi la semplicità e l´economia con cui un segnale illustra il concetto non ovvio di "strada a senso unico") e la facilità, oggi, di produrli e riprodurli tecnologicamente. Quello che Hegel, appassionato difensore della scrittura alfabetica contro gli ideogrammi e i geroglifici condannava come "un leggere sordo e uno scrivere muto" diviene una enorme risorsa nella società multilinguistica e multiculturale che costituirà il nostro futuro.