GLAUCO MAGGI, La Stampa 15/5/2011, 15 maggio 2011
CONTAGIO WIKILEAKS
WikiLeaks fa scuola, e anche l’austero Wall Street Journal organizza uno «sportello» digitale dove raccogliere le soffiate sotto ogni forma mediatica, testi, foto, video. Si chiamerà Safehouse, Casa Sicura, ma ha una differenza con WikiLeaks: la scelta di campo della legalità. Il Journal, che delegherà alcuni redattori a visionare ciò che finirà nel server criptato, ha preparato un set di condizioni per le «gole profonde» che avrebbe scoraggiato l’analista militare Bradley Manning, ora in galera per aver passato a WikiLeaks materiale non divulgabile. La principale recita: «Ci riserviamo il diritto di rivelare le informazioni su di te alle autorità o a una terza parte che le richiedesse, senza avvisarti, per rispettare ogni legge applicabile e/o ogni richiesta fatta nel corso di un procedimento legale». Il Journal avvisa insomma le fonti che l’anonimato non sarà protetto se il materiale è stato ottenuto illecitamente, oltre a riservarsi il normale diritto di decidere l’opportunità della divulgazione in base a considerazioni di sicurezza nazionale o di altra natura. E’ la continuazione della linea editoriale tenuta dal Wall Street Journal quando rifiutò l’offerta dei segreti di WikiLeaks, perché il suo capo Julian Assange aveva posto precondizioni tali che avrebbero obbligato il giornale alla pubblicazione dei documenti senza aver prima la completa conoscenza dei contenuti. Ad allungare la lista degli epigoni ci sono poi OpenLeaks (fondato da un ex WikiLeaks), Localeaks (per giornali locali Usa), FrenchLeaks (Mediapart, per denunce francesi) e Transparency Unit (Al Jazeera).