Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  maggio 15 Domenica calendario

ANGELO BUCARELLI E LA GRAZIA SCONTROSA DELLA TRIESTE DI SABA

«Trieste ha una scontrosa grazia. Se piace è come un ragazzaccio aspro e vorace...», recita una delle poesie più note di Umberto Saba. E a questi versi si ispira l’ installazione di Angelo Bucarelli, che si potrà visitare da oggi al 27 giugno nel bunker sotto il Castello di Duino. Si scendono cento gradini e si entra in uno spazio oscuro ma con un affaccio panoramico a strapiombo sul mare, dove i detriti risultanti dallo scavo per la sua costruzione hanno formato una spiaggetta. Costruito nel 1943 dalla Krieg Marine tedesca a difesa della base di Sistiana, e poi usato fino al 1954 dall’ esercito inglese come deposito di carburante, viene infine restaurato e aperto al pubblico nel 2006 dalla famiglia Torre e Tasso (i Thurn und Taxis naturalizzati italiani nel 1923). Ma è la prima volta che è proposto come spazio espositivo. Bucarelli, artista eclettico che ha debuttato a Roma negli anni Settanta lavorando anche nel cinema con Claude Lelouche e Federico Fellini e nel decennio successivo si è perfezionato a New York a fianco di Richard Poussete Rart, Arman, Arnaldo Pomodoro, Beverly Peppers e Larry Rivers, ha trasformato il tunnel in un antro delle meraviglie, con le sue opere che fluttuano appese alla volta scavata nella roccia carsica. Dieci sculture realizzate appositamente per la mostra triestina. «Sono rimasto affascinato da questa città signorile e un po’ fantasma, dove tutto appare cristallizzato nel tempo», dice. Tempo e temporale è anche il titolo di una delle installazioni più suggestive, con grandi gocce di alluminio argentato che oscillano nell’ aria come riflessi di pioggia. Altre opere si ispirano al poeta Rainer Maria Rilke che nell’ inverno tra il 1911 e il 1912 fu ospite al castello, all’ epoca della principessa Marie von Thurn und Taxis-Hohenlohe, dove scrisse le celebri Elegie duinesi. L’ ottava elegia, dedicata al paragone tra l’ animale e la creatura umana («Quello che fuori è, lo sappiamo soltanto dal volto delle bestie»), sembra evocata da un’ altra installazione, intitolata Mula («ragazza», in triestino), dove il volto di una fanciulla bionda si sovrappone al muso peloso del quadrupede. Gioco di stratificazioni - tra lamiera di ferro e fotografie a getto retrostampate su perspex - che si ripete in quasi tutte le opere. Particolarmente suggestiva quella di Sigmundjoyce, dove gli occhi del padre della psicoanalisi e quelli dell’ autore dell’ Ulisse si intersecano, identici, con gli stessi occhiali e le stessa espressione.
Lauretta Colonnelli