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 2011  maggio 16 Lunedì calendario

La Silicon Valley di Londra L’East End diventa digitale - Il governo l’ha battezzata operazione Tech-City, la cittadella tecnologica

La Silicon Valley di Londra L’East End diventa digitale - Il governo l’ha battezzata operazione Tech-City, la cittadella tecnologica. Un nome burocraticamente perfetto. Ma a Londra la chiamano già Silicon Roundabout, la rotonda al silicio. I londinesi d’altra parte sono così, gente pratica: dagli il grattacielo più filante che la City abbia mai avuto e subito diventa Gherkin, il Cetriolo; mettine in cantiere un altro, ancora più avveniristico, e gli appiccicano il nomignolo Walkie Talkie. Di solito è un buon segno, vuol dire che la Capitale ha adottato il progetto. Stessa cosa con Tech-City. Quando il premier David Cameron, lo scorso novembre, aveva annunciato di voler trasformare l’East-End nella Silicon Valley d’Europa, l’idea era parsa più che altro un bel colpo di pubbliche relazioni: da una parte il bastone - i tagli - e dall’altra un po’ di carota - la new/ green economy. E invece no. Sta succedendo davvero. «Oltre 200 aziende, grandi e piccole, si sono raggruppate nel distretto di Shoreditch in pochi anni - racconta Tony Hughes, consulente del Ministero per il Commercio e gli Investimenti -. Il nostro compito ora è capitalizzare questo patrimonio. I segnali sono più che incoraggianti: due grandi “private equity” si sono appena trasferiti nel quartiere». Questo significa denaro fresco, sonante. I fondi d’investimento sono i talent scout del settore, quelli che possono trasformare Facebook in Facebook. Non a caso Shoreditch sta meglio. Il quartiere ora vive 24 ore su 24: da una parte bar e locali alla moda, ristoranti etnici e club dove tirare tardi (e grazie a tutto questo i prezzi delle case sono schizzati alle stelle), dall’altra vecchi magazzini trasformati in uffici. Il sole e la luna: affari di giorno, movida di notte. Nei caffè intorno a Shoreditch Great Estern Street, l’arteria del rione, a pranzo si incontrano ragazzi in giacca e cravatta che mangiano all’ombra dei grattacieli dello Square Mile con i colleghi in bermuda e scarpe da ginnastica. Un mix che funziona. Tony fa dunque da facilitatore. Illustra cioè alle aziende i vantaggi di aprire bottega proprio qui e non in un quartiere più prestigioso. Non che ci sia molto da spiegare. Cisco Systems ha infatti annunciato di voler impiantare dei centri di ricerca. Così Facebook e Google. British Telecom poserà fibre ottiche super veloci in tutta l’area. La Silicon Valley Bank aprirà uno sportello e atenei come Imperial College e University College of London si sono detti disponibili a lavorare con la Olympic Park Legacy Company, l’agenzia responsabile della pianificazione del post Olimpiadi. L’obbiettivo è andare oltre la «digital revolution», la rivoluzione digitale nata spontaneamente intorno alla rotonda del silicio e fare sistema, riconvertendo il villaggio olimpico alla fine dei Giochi 2012. Tutte buone intenzioni che il governo ha suggellato con 400 milioni di sterline d’investimento. Tra le aziende interessata c’è anche l’italianissima Buongiorno. Nata a fine Anni 90 da un’idea molto semplice - una newsletter che univa una barzelletta a un avviso pubblicitario - l’azienda è ora leader mondiale nell’Internet mobile con un fatturato annuo di oltre 250 milioni di euro, è quotata in borsa e conta mille dipendenti nel mondo. E tre anni fa si è presa un palazzo multipiano a Scrutton Street, nel cuore di Shoreditch. «Siamo stati fra i primi, chiamala fortuna oppure occhio fino - dice Matteo Montan, responsabile della divisione New Business -. Qui si trovano i migliori talenti, e si trovano in fretta. E girato l’angolo inciampi in società che in Italia semplicemente non esistono: Londra è un grande hub, meglio della California». La massa critica, dunque, conta. Tech-City potrebbe davvero, fra 10 anni, dimostrarsi la scelta che ha fatto la differenza. «Io ci credo», spiega Andrea Casalini, amministratore delegato di Buongiorno. Che nella capitale britannica dà lavoro a 85 persone che, entro la fine dell’anno, aumenteranno del 50%. «Abbiamo visto vari tentativi, in giro per l’Europa, di dar vita a distretti produttivi dedicati all’innovazione tecnologica. Ma alla fine sono rimaste esperienze limitate. Londra ha invece la dimensione e il dinamismo adatti: questa sede sta diventando o il laboratorio dei nostri progetti di ricerca a livello mondiale». Precedenti, d’altra parte, ce ne sono. Margaret Thatcher a suo tempo strappò al degrado i docks e li consegnò ai campioni della finanza deregolata. «Nel XIX secolo - nota il sindaco Boris Johnson - i moli e i magazzini del quartiere rappresentavano l’epicentro del commercio mondiale: praticamente ogni bene di consumo passava dalla nostra città per poi raggiungere i mercati del mondo». È facile vedere dove vuole andare a parare: via camalli e container, largo ai genietti del bit e alla fibra ottica. I risultati, si spera, non dovrebbero essere «tossici» quanto derivati e subprime.