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 2011  maggio 14 Sabato calendario

COSTITUZIONE INVECCHIATA, INTERVENTI DEL QUIRINALE

Quest’anno la Repubblica italiana compie 65 anni. Li ha, ma non li dimostra, oppure è da pensionamento e dovrebbe essere sostituita da una forma repubblicana più «giovane» , non solo per l’età dei suoi attori, ma anche per l’obsolescenza del suo impianto? Degli altri 85 anni che furono Regno d’Italia c’è molto da deprecare e poco da celebrare.
Giuseppe Zaro
giuseppezaro@yahoo. it
Caro Zaro, tutte le Costituzioni invecchiano e vengono aggiornate con gli emendamenti oppure con radicali riscritture. Gli Stati Uniti hanno scelto il primo metodo e la Francia il secondo (ne sono state scritte più di venti da quella del 3 settembre 1791). L’Italia, a parte qualche emendamento di non fondamentale importanza per il funzionamento delle istituzioni, non ha fatto né l’uno né l’altro e ha quindi un sistema politico più adatto ai timori di un Paese appena uscito da una dittatura ventennale che non alle esigenze di uno Stato moderno. Ne vedo una prova, in particolare, nei frequenti interventi del capo dello Stato a cui Ernesto Galli della Loggia ha dedicato il suo editoriale di ieri. Non mi sembra normale che negli ultimi vent’anni almeno tre presidenze – Cossiga, Ciampi, Napolitano – abbiano cambiato stile nel corso del settennato. Nella prima metà del mandato il presidente esercita un ruolo formale, protocollare ed evita accuratamente, se non nei casi espressamente previsti dalla Costituzione, di prendere posizioni che possano sembrare critiche della linea adottata dal governo, dal Parlamento o da una forza politica. E se qualche partito o gruppo di pressione gli chiede d’intervenire, il presidente si sottrae a queste sollecitazioni ricordando quali siano i compiti assegnati dalla Costituzione al Quirinale. Ma nella seconda fase del mandato i suoi interventi diventano sempre più frequenti, espliciti, incisivi. Colpa del governo in carica, come in tempi recenti? Forse. Ma credo che all’origine di questo mutamento di stile e d’indirizzo vi sia soprattutto l’esistenza di una Costituzione che non ha saputo ridefinire i poteri dello Stato e delle sue istituzioni in funzione di nuove sfide e nuove esigenze. Penso alla presidenza della Repubblica, alla presidenza del Consiglio dei ministri, al Consiglio superiore della magistratura, al Consiglio superiore della Difesa, agli organi della giustizia amministrativa. Quanto più la Costituzione invecchia tanto più si aprono vuoti che vengono riempiti dal Quirinale. Gli interventi, in sé, possono essere utili e positivi, ma la tendenza non è indice di normalità costituzionale. Un’ultima osservazione, caro Zaro, sui primi 85 anni dell’unità nazionale. Quali che siano i giudizi sulla monarchia, è bene ricordare che in quegli anni è stato creato lo Stato, vale a dire qualcosa che non esisteva e che ha dato ai suoi imprenditori un più largo mercato, ai giovani un più alto livello d’istruzione, al territorio alcune indispensabili infrastrutture, alla Chiesa un ruolo più conforme alla sua missione spirituale, agli italiani i diritti della cittadinanza, al Paese un più rispettabile status internazionale.
Sergio Romano