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 2011  maggio 14 Sabato calendario

PRIUMA INTESA SULL’ARTICO DORATO

La sigla all’accordo è giunta dopo una mini crociera tra i ghiacci. Sullo sfondo di scenari unici, i ministri degli otto Paesi del Consiglio Artico hanno dato vita alla prima intesa vincolante sulla gestione di una delle aree geografiche di maggiore interesse strategico del Pianeta. Un passo importante verso la cooperazione dopo i contrasti che hanno visto Stati Uniti e Russia contendersi l’Artico, una regione che costituisce un sesto delle terre emerse ed è abitata da quattro milioni di persone, per lo più indigeni.

Cambiamenti climatici, scioglimento dei ghiacci, estrazioni offshore e nuove rotte sono alcuni degli aspetti al centro dei lavori del Consiglio che ha visto i ministri degli Esteri degli otto Paesi membri darsi appuntamento giovedì a Nuuk, in Groenlandia. «Questo sta diventando un forum decisionale molto importante», ha spiegato il segretario di Stato Hillary Clinton seduta accanto al collega russo Serghei Lavrov. È la prima volta che gli Stati

Uniti inviano un ministro al Consiglio i cui membri sono anche Russia, Canada, Norvegia, Finlandia, Islanda e Danimarca (in virtù di Isole Faroe e Groenlandia). L’accordo di Nuuk riguarda la gestione delle operazioni di ricerca e di soccorso marittime e aeree, ma rappresenta un precedente di grande significato in vista di altre intese sull’esplorazione e lo sfruttamento dei giacimenti di gas, petrolio e minerali, che rappresentano circa il 25% delle riserve del Pianeta. Un patrimonio enorme, per lo più sconosciuto, ma che diventerà più accessibile con lo scioglimento dei ghiacci. Secondo studi recenti il Mare glaciale artico potrebbe sciogliersi per buona parte già entro il 2050 accelerando la corsa al suo tesoro energetico.

Per questo si fa sempre più incalzante la necessità di trovare una larga intesa in materia. Nell’ambito del Consiglio, nato nel 1996 a Ottawa in Canada, sino a oggi si era giunti solo ad accordi bilaterali o a tre, anche a causa dei dissidi tra

OCEANO

ATLANTICO

Usa e Russia. La rivalità tra i due Paesi non riguardava solo le risorse, ma anche le rotte commerciali, con l’accesso allo strategico «passaggio a nord-ovest». Un retaggio della Guerra Fredda, che ha spinto Mosca a chiedere all’Onu e il riconoscimento dell’appartenenza della dorsale sottomarina di Lomonosov. L’inizio di una corsa ai ghiacci, culminata nel 2007 con l’invio di un sottomarino da parte del Cremlino per piantare una bandiera in titanio sotto il Polo nord. Il gesto di sfida sembrava preludere a una escalation della contesa, confermata la scorsa estate con l’inaugurazione da parte dei russi di una rotta per il trasporto di gas condensato e petrolio destinati ai mercati asiatici.

In quell’occasione il premier Vladimir Putin placò gli animi escludendo una «futura battaglia per la conquista dell’Artico» e spiegando che qualsiasi problema poteva essere risolto al tavolo delle trattative e nel rispetto del diritto internazionale. Una dichiarazione di buon auspicio, visto che dopo alcuni mesi è giunto quello che Mosca ha definito «il primo documento pan-artico della storia».

«In passato questa era una terra di conflitto, oggi sta diventando un’area di progressiva cooperazione», ha dichiarato il ministro degli Esteri svedese Carl Bildt, presidente di turno dopo il biennio danese. Durante i lavori si è discusso dell’ammissione, come osservatori permanenti, di Stati non artici, come Cina, Italia, Giappone,Corea del Sud e Commissione Europea, tutti finora accolti solo come osservatori ad hoc . Il disgelo diplomatico è necessario anche per affrontare un altro disgelo, quello delle terre artiche, che rischia di avere ricadute pesanti per le popolazioni locali rappresentate nel Consiglio da Ong e associazioni. Le istanze ecologiste sono state sostenute in particolare dalla Clinton, che ha auspicato uno sviluppo economico dell’Artico «intelligente e durevole che preservi l’ecosistema». Proprio in questa direzione proseguiranno i lavori degli Otto, come spiega Bildt, che si è impegnato a raggiungere un accordo vincolante per evitare che tragedie come quella della Bp possano devastare una regione sul cui futuro pesano già troppe incognite.