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 2011  maggio 14 Sabato calendario

ESSERE ASSASSINI È UNA QUESTIONE DI DNA


Il delitto sta scritto nel cervello: tra i flussi del nostro dna potrebbe scorrere il gene dell’omicidio.
Riporta il quotidiano Avvenire il caso giudiziario di Stefania Albertani, 28 anni, figlia di un imprenditore edile di Como ritiratosi dagli affari accusata di aver ucciso la sorella Maria Rosa e di aver poi attentato alla vita del padre. La ragazza è stata sottoposta a una perizia innovativa affidata a un gruppo di psicologi, psichiatri e genetisti delle università di Padova, Pisa e Torino, che sarà presentata nell’udienza di un processo di rito abbreviato, che si svolge a Como.
L’accusa, com’è ovvio, sosterrà che l’imputata è sana di mente e può essere condannata all’ergastolo se ritenuta colpevole dell’omicidio della sorella. Ma la strategia della difesa è strabiliante, nella sua strategia. La difesa si basa su una “valutazione psicolopatologica e di esami neuropsicologici integrati da un nuovo test in grado di valutare la veridicità dei ricordi e di accertamenti neurofisiologici con la visualizzazione in vivo dell’attività cerebrale”. Cioè roba da fantascienza, che accerterebbe istantaneamente i deficit dell’“intelligenza sociale” e dell’“abilità di scegliere la soluzione più adeguata nelle situazioni più critiche”. Cioè, tradotto dal freddo gergo medicale: la tendenza genetica all’omicidio – qualora esistesse realmente – potrebbe essere un’attenuante processuale dovuta ad un assetto genetico/cerebrale che supererebbe la volontà coscienza dell’individuo. Assieme ovviamente ad altri elementi, come una storia sociale e personale specifica, l’ambiente di crescita, le frequentazioni; insomma tutto quello che una volta Taine e il Naturalismo chiamavano “race, milieu, moment”. A queste condizioni, se uno ammazza, anche se è sano di mente, potrebbe non essere del tutto colpa sua. Non che quest’idea dell’assassino cromosomico sia un fatto nuovo, in letteratura giurisprudenziale. Nell’ottobre 2009 il giornale parigino Libération mise sulla homepage del suo sito una notizia che fece molto discutere: la Corte d’appello di Trieste aveva concesso uno sconto di pena di un anno ad un assassino di origine algerina, perché gli aveva incontrovertibilmente riconosciuto una «vulnerabilità genetica». Una sorta di irresistibile emotività che l’aveva predisposto alla violenza. La testata, molto di sinistra e tesa al sociale, allora spiazzò l’opinione pubblica, e si chiese: “Esiste il gene dell’omicidio? E se sì fosse, il patrimonio genetico potrebbe essere riconosciuto come attenuante in un reato?”.
In effetti il precedente la prima sentenza del genere in Italia era devastante. L’omicida Abdelmalek Bayout era stato condannato a 9 anni e due mesi di carcere per avere assassinato nel 2007, a Udine, un colombiano di 32anni; e la pena era stata ridotta dopo che il condannato si è sottoposto, appunto, all’analisi del Dna considerata «innovativa». “Siamo, d’altronde nella patria del Lombroso, in fondo”, commentarono i francesi. Anche se le teorie di Cesare Lombroso, veronese, padre ottocentesco dell’antropologia criminale erano ispirate sia al darwinismo agli studi di frenologia di Gall, quello delle mappe cerebrali e del cranio a ognuna delle quali si faceva corrispondere una facoltà dell’anima. Nel 1897 nel saggio “L’uomo delinquente in rapporto alla antropologia, alla giurisprudenza, alla psichiatria ”il Lombroso azzardò la sua teoria fisiognomica. Che proponeva le caratteristiche proprie dei tipi criminali, differenziati in base alle anomalie proprie della classe a cui appartenevano. Si delineava quindi, in anticipo, la capacità di delinquere e il profilo criminologico del pazzo morale e del pazzo epilettico, del delinquente abituale, ecc..
E da Lombroso derivò, in seguito, l’idea della Precrimine ossia della polizia del futuro del racconto “Rapporto di minoranza-Minority Report” di Philip K. Dick, dal quale fu tratto l’omonimo film con Tom Cruise. Dove non viene punito il fatto criminoso (che non avviene), bensì l’intenzione stessa di compierlo e che porterebbe a concretizzarlo. Era fiction, fino a ieri. Con le nuove perizie sul crimine genetico, siamo su questa strada...

Arturo Bandini