Giovanna Gabrielli, Il Fatto Quotidiano 14/5/2011, 14 maggio 2011
IL FATTO DI IERI 14
Maggio 1922
Si erano scambiati offese al vetriolo. Lui, Mario Missiroli, il giornalista antimussoliniano, dalle colonne de “Il Secolo”, di cui era direttore, aveva definito i fascisti “schiavisti agrari” e Mussolini, a muso duro, su “Il Popolo d’Italia” gli aveva risposto, dandogli del “perfido gesuita e solennissimo vigliacco”. Insulti incrociati destinati a finire in un vero e proprio duello a fil di spada. Per Benito, habitué di sfide armate, come nel caso dell’anarchico Libero Merlino e di Claudio Treves, una delle tante tenzoni. Per Missiroli, intellettuale timido e fragile, un sorprendente scatto da leone. Ma tant’è, il 14 maggio 1922, a Milano, su un prato di San Siro, il duello si fece per davvero, con tanto di testimoni, padrini e, clausola severa, spada invece di sciabola. Sette assalti per 45 minuti di scontro, con Mussolini costretto a battersi con la spada spezzata e Missiroli, digiuno in fatto d’armi al punto da aver fatto un corso accelerato di scherma col celebre spadaccino Mangiarotti, finito alle corde con una vistosa ferita all’avambraccio. Tra i due nessuna riconciliazione. Solo una battuta postuma di Missiroli che, anni dopo, “infilzerà” il Duce definendo“taglio cesareo”, la ferita subita.