Denise Pardo, l’Espresso 19/5/2011, 19 maggio 2011
LA RAI SECONDO LEI
Qualcuno sostiene che subito dopo la sua nomina, mercoledì 4 maggio, si sia sintonizzata sul lavoro a ciclo continuo dando una pista alle sue 12 ore (minimo) di ordinaria prestazione. Qualcun altro afferma che non si è riposata neanche durante il weekend uscendo dall’ufficio dopo le 11 di sera. Altri bene informati dei fatti Rai segnalano che forse non ha più né dormito né mangiato, e che in quanto super eroina non ne abbia nemmeno bisogno. Prende corpo la leggenda di Lorenza Lei - già basterebbe la simbologia del suo cognome - 51 anni, in Rai dagli anni Novanta, prima donna al comando dell’azienda più difficile e infiammabile delle società pubbliche, non parliamo poi sotto la presa berlusconiana, in più ora pure in piena campagna elettorale. Ma il nuovo direttore generale, votata all’unanimità - cosa epocale visti i tempi - applaudita anche all’unanimità (parole alate su merito e professionalità: sarà anche perché arriva dopo la gestione Mauro Masi, burrascosa e paralizzante a voler essere buoni?), beatificata coi fiocchi visto che viene data in quota Soglio (pontificio), ha già una tabella di marcia incalzante.
La Rai secondo Lei. La riorganizzazione di un’azienda allo stremo e allo sbando, al massimo entro i primi di giugno: sette nuove aree di prodotto; l’approvazione del bilancio 2010 e una prima riprevisione per il 2011. Poi nomine e ribaltamenti, revisioni di talk show e di reality. In agenda - più o meno in una settimana, almeno ci si prova - una carambola di incontri, sondaggi e pour parler su conti e contenuti con il meglio della tv, Santoro, Floris, Fazio, Gabanelli, Vespa per vedere l’effetto che fa. I cda convocati due volte a settimana, aveva proposto tre ma c’è stata una levata di scudi dei consiglieri un po’ provati. E, come si dice, non è che l’inizio. Ha domandato un dirigente della Produzione: "Ma siamo sicuri che sia bolognese? Sembra piuttosto un modello teutonico".
Nei corridoi di viale Mazzini - dove ha consumato le tappe fondamentali della sua carriera, da Rai Giubileo, a staff del dg, fino a responsabile delle Risorse televisive (con tanto di ufficio contratti: per questo conosce tutti e ha negoziato con tutti) - si racconta che sia una gran navigatrice, capace di avere come sostenitori, ai tempi degli esordi, sia il super berlusconiano Agostino Saccà che il gauchiste Marcello Del Bosco (ora condirettore del "Riformista"). Per altri è una che capisce al volo le persone, sa affascinarle e si sintonizza immediatamente sulla lunghezza d’onda necessaria. Potrebbe invece rivelarsi qualcosa di molto più complesso: la personificazione della grande coalizione, di un tentativo di pacificazione nazionale nel momento più caldo della legislatura e del Paese. Proprio perché la Rai, come è noto, anticipa tutto. E soprattutto dopo che Masi si è trasformato nel fallimento in toto della strategia del muro contro muro. Ma al di là delle considerazioni parasociologiche del caso, dal pianterreno al settimo piano, tutti, più o meno, dopo aver inneggiato - viva le donne capaci, viva la Lei! - formulano la domanda con la D maiuscola: come se la caverà quando il Cavaliere o chi per lui, insomma la politica, chiederà a gran voce, e senza diritto di replica, i soliti favori e i soliti scalpi? Chi la conosce da tempo ha riposto così: "Da ragazza ha fatto tre anni di medicina. Sa bene come si taglia un corpo".
Però! Un anno fa, da vice direttore generale con delega alle Risorse artistiche che non mollerà a nessuno - per forza, così continuerà a negoziare contratti e accordi - si è messa a dieta. Ha perso molti chili e si è visto nelle foto ufficiali: giacca fiammante, lei che si vestiva sempre di nero; un nuovo taglio di capelli; viso raggiante e sullo sfondo un muro di rose, soprattutto rosse, perché così gli uomini ricordano alle donne di successo che sono sempre donne.
Si è preparata alla nomina, aspettata, desiderata e sfiorata non una sola volta, come un’atleta. La performance richiede muscoli allenati, nervi d’acciaio, adrenalina al massimo. Anche perché davanti ha un anno solo, il cda scade nella primavera 2012. Il primo passo, il varo di sette nuove "direzioni di genere", pilastri della riorganizzazione: Intrattenimento e Utilità Immediata Premium. Fiction. Cinema. Bambini e ragazzi. Educazione Eventi. Cult. Documentari. Non un’invenzione dell’oggi, ma il ritorno a un cantiere del piano industriale che giace inapplicato da più di un anno (dall’aprile 2010). In ogni caso, un modello internazionale, vedi Bbc e France Tv, per accorpare e razionalizzare i costi, tappa obbligata visto che la digitalizzazione ha moltiplicato i tradizionali tre canali. Un omaggio, avrebbe fatto sapere il dg, ai principi generali della legge di Riforma della Rai del 1975: come dire, Lei discende da quelli che vengono considerati i padri nobili della tv. Anche più responsabilità editoriale ed economica ai direttori di rete che dovranno in prima linea scegliere i prodotti per i loro palinsesti dalle aree di genere (e non il contrario, come succede adesso: per esempio è la fiction che smista e decide) dovendo fare i conti con le spese: una sorta di federalismo televisivo. Altro omaggio, alla Lega questa volta (e al ministro dell’Economia Giulio Tremonti di cui ha il sostegno)? Nel 2006, fu la consigliera padana Giovanna Bianchi Clerici a proporla come dg: Lei ottenne sette voti contro gli otto di Claudio Cappon.
Il direttore generale, dunque, è chiusa nel suo mega ufficio. Non dichiara all’esterno dell’azienda. Non anticipa per il momento. Era da clausura prima, figuriamoci ora. Ma la Rai è una groviera e così si delineano gli scenari. Il tramonto dei talk show tradizionali. Il bisogno di rivitalizzarli. "Ballarò", per esempio, stessa formula dal 2002. E certo la Bbc, beata lei, non manda in onda salotti esagitati (lo hanno sempre detto tutti i dg, poi...). E anche il su e giù della hit parade delle star: proporrà a Fabio Fazio di ricondurre "Quelli che il calcio" e pure " Affari tuoi"? Offrirà a Caterina Balivo di sostituire Simona Ventura? Lei, tipo molto sobrio, non ha certo il Dna della fan da reality. Ma non soffre nemmeno di tendenze suicide che la farebbero rinunciare ai dieci milioni di telespettatori dell’"Isola dei famosi". Non metterà i mutandoni ai concorrenti - forse solo perché sono ai Tropici si pensa - ma tutti i contenuti Rai dovranno abbassare di sicuro i toni. Una linea che il Vaticano (e il suo amico neo-con Gaetano Quagliariello) benedirà.
È noto che Lorenza Lei sia uno degli argomenti su cui il cardinal Bagnasco e il cardinal Bertone trovano un pieno accordo (e non è così frequente). L’appoggio totale dell’establishment dei porporati, oltre a essere una gran consolazione, è anche l’asso degli assi, l’esorcismo più efficace di fronte a richieste sporcaccione non gradite. Intanto, ora c’è da dare il via a "Il mio canto libero", il programma - vera bomba ad orologeria - di Vittorio Sgarbi. A quanto pare la prima puntata sarà dedicata a Dio. La seconda - Dio, invece, aiuti la Rai - alle donne. Chissà. Si sussurra di una Lei piuttosto dubbiosa sulla faccenda, più complimentosa urbi et orbi verso uno Sgarbi gran studioso dell’arte, che verso uno Sgarbi, come dice il titolo, lanciato in libertà.
"Fare il dg è un lavoro meraviglioso", dice Lei a tutti quelli che varcano la sua soglia, infervorata nel parlare di pluralismo e di servizio pubblico, di sicuro decisa a passare alla storia. Intanto, via alle scommesse sulla sua futura squadra. Non il direttore delle Relazioni esterne Guido Paglia, non se ne parla. Non il vice direttore generale Gianfranco Comanducci, che sognava la stessa poltrona da anni. Molto in auge Carlo Nardello, amministratore delegato Rai Trade, e Marco Simeon, direttore Relazioni istituzionali e internazionali, altro beniamino d’Oltretevere. Se Alfredo Meocci destinato dal tribunale allo staff del dg, sarà ben accolto (confermò in questo stesso incarico proprio l’amica Lorenza quando a sua volta dirigeva viale Mazzini), chiamare in Rai Salvo Nastasi, ex potentissimo capo di gabinetto di Sandro Bondi, direttore generale del ministero dei Beni culturali, genero di Giovanni Minoli, sarebbe un balsamo per Gianni Letta. Passata la luna di miele, difficile che Lei, e quindi la sua Rai, diventi icona della sinistra: non vorrà esserlo e dovrà rendere conto. Nemmeno un’icona della destra, però. Tenterà di coniugare il sacro e il profano, quello che fanno tutti i giorni tra le sante mura (e anche da sempre quasi tutte le donne). A chi le ha raccomandato la prudenza ricordandole quanto il mostro Rai sia infido ha risposto: "Le persone leali basta guidarle che poi diventano leali". Non avrebbe detto meglio il cardinal Tarcisio Bertone. Mai dimenticare che è laureata in antropologia, pure filosofica.