Antonio Pascale, il Fatto Quotidiano13/5/2011, 13 maggio 2011
PETRINI, CREAZIONISTA ANTI-OGM
Tempo fa Carlo Petrini elencò dieci punti per ribadire il no ai cosiddetti “ogm”. Al punto otto sosteneva, tra l’altro, che «le piante mal sopportano le modificazioni genetiche». Ora, se durante un esame di biologia avessi fatto un’affermazione del genere sarei stato cacciato dall’università. L’evoluzione dei prodotti agricoli (da diecimila anni) è stata possibile perché le piante sopportano – e come! – le modificazioni genetiche. Nei millenni non abbiamo fatto altro che spostare geni da una parte all’altra. La prima modifica indotta (empiricamente) è stata quella che ha permesso la creazione di cereali che non disperdevano i semi. Abbiamo modificato il loro status selvaggio cercando di ottenere cariossidi più grandi e più ricche di proteine. Questo è avvenuto e avviene ancora e avverrà sempre e riguarda tutto ciò che consumiamo. Quando modifichiamo un prodotto modifichiamo i suoi geni – per questo tutto è ogm. Affermazioni come quella di Petrini contribuiscono a formare un immaginario ecologista (e di sinistra) di stampo creazionista, un po’ alla testimone di Geova. Meglio non muoversi affatto perché, simbolicamente parlando, le piante non sopportano le modificazioni genetiche, quindi ogni tentativo di miglioramento produce un danno e inquina un presunto stato naturale. Questo atteggiamento – che, tra l’altro, incide sulle élite (di sinistra), ossia quelle che producono e trasmettono cultura – sta strutturando, appunto, l’idea di un ecologismo sì, ma senza innovazione tecnologica. Un paradosso. Per esempio, una foto di famiglia ritrae mio nonno, mia nonna, mio padre e io, bambino. Questa foto (1968) illustra tre generazioni. Mia nonna sullo sfondo lavava i panni. L’ha sempre fatto, per tutta la vita – poi è stata felicissima di potersi servire dell’innovazione portata dalla lavatrice: per lei quella era una scelta ecologica, recuperava tempo e risparmiava acqua. Mio nonno era un contadino, povero, sdentato, con i postumi della pellagra. Coltivava biologico e non per scelta etica. Non aveva né fertilizzanti né agrofarmaci. Si lamentava degli insetti che mangiavano la sua roba – gli insetti non sono culturalmente modificati, cioè non dicono: questo campo è biologico non l’attacchiamo. Mio padre invece ha goduto delle innovazioni tecnologiche, agrofarmaci, fertilizzanti e miglioramento genetico.
L’INNOVAZIONE
DIMENTICATA
Ha visto la produzione agricola aumentare, quindi ha potuto affrancarsi dalla terra e studiare. Io sonostatoilpiùfortunato.Perché ho potuto beneficiare appieno della rivoluzione agricola e nello stesso tempo capire che questa aveva prodotto dei danni. Come rimediare? C’è solo un modo: capire, ora, attraverso quali nuove tecnologie si arriva a produrre di più, meglio e con meno costi sociali. Si possono ottenere agrofarmaci biodegradabili e innocui? Certoelosistagiàfacendo.Sipossono ottenere piante resistenti alla siccità e agli insetti? Certo. L’evoluzione ci ha insegnato che solo attraverso l’innovazione culturale e tecnologica (e con i fondi alla ricerca) si può sperare di modificare in meglio il mondo. Sarebbeundisastroselasinistraperdesse di vista due parole: innovazione e inclusione. Più innovi più includi.Adessolasinistra(aleggere la pubblicità) è oltre. Dove però, non è chiaro, sospetto che, culturalmente, sia precipitata nel buco nero del passato.