Stefano Feltri, Saturno-il Fatto Quotidiano 13/5/2011, 13 maggio 2011
I GIOCHI DI PRESTIGIO DEL FEDERALISMO ALL’ITALIANA - I GIOCHI DI PRESTIGIO DEL FEDERALISMO ALL’ITALIANA
LA POLITICA DI BILANCIO in Italia è un quadro puntinista. Più ti avvicini, meno si distingue una trama che separi la destra dalla sinistra, i sostenitori dello Stato forte e quelli dello Stato minimo. Quando si arriva al nocciolo della politica, cioè i soldi, si scopre che i problemi e le risposte sono comuni. Anzi, Comuni, con la maiuscola: poiché tutta la politica è locale, sono soprattutto i sindaci a fare i conti, a inventare o cancellare servizi e a ridefinire il perimetro dello Stato assistenziale. Il Mulino pubblica un libro dal titolo Il federalismo che già c’è con l’ambizioso programma di spiegare “come vengono spesi i soldi dei cittadini nei Comuni italiani”, uno studio promosso dalla Fondazione Etica e curato dalla direttrice della fondazione, Paola Capo-rossi, e dal presidente Gregorio Gitti. Importante avvocato milanese, professore a Pavia, genero del banchiere ulivista Giovanni Bazoli (Intesa Sanpaolo), Gitti è espressione di quella cultura politica che trova nel pragmatismo dell’amministrazione locale il suo primo banco di prova. E nei saggi raccolti nel libro si capisce, come diceva Ulrich Beck, la necessità di trovare soluzioni locali a problemi globali. O almeno nazionali. Il federalismo già c’è, o c’era. I Comuni hanno imparato a sopravvivere alle ricadute sul territorio della politica romana, anche quando questa promette autonomia ma la riduce. Prendiamo il caso dell’Ici: per non tradire la promessa elettorale, il governo di Silvio Berlusconi toglie l’imposta sulla prima casa, già in gran parte abolita dal governo Prodi. Risultato: nel 2008 ai Comuni vengono meno 3,3 miliardi di euro, che il governo centrale rimpiazza con un trasferimento da Roma di 2,6 miliardi. Meno libertà e un buco da riempire. Gli amministratori locali intervistati nel libro di Gitti e Capo-rossi raccontano come hanno resistito fino all’ultimo alla necessità di aumentare altre imposte consapevoli che questo avrebbe complicato la rielezione. Negli undici Comuni analizzati scendono le entrate ma le spese continuano ad aumentare del 2,6 per cento. Come è possibile? Prestidigitazione. Il Comune di Roma stava affogando sotto 13 miliardi di debito? Presto fatto, lo si trasforma in una bad company tipo Alitalia, a cui si lascia il debito, e si crea un nuovo Comune che, essendo fresco di nascita, può trasformare il 100 per cento delle entrate in spesa corrente, mentre gli altri devono destinarne la metà a investimenti. I comuni leghisti interpellati dai ricercatori della Fondazione Etica non hanno voluto rispondere alle domande sulla gestione. Perché, in fondo, quasi tutti preferiscono che la situazione resti quella denunciata nell’introduzione al volume: alle amministrative si va a votare incapaci di valutare la performance del Comune, “se non sulla base di impressioni o del semplice sentito dire”.