Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 13/05/2011, 13 maggio 2011
MEROLA FREQUENTA IL CORSO DI TAGLIATELLE PER PROVARE A CONQUISTARE BOLOGNA —
Il «vecchio» Giorgio Guazzaloca, svelto di mano e di coltello, poteva affettare una manza in un quarto d’ora e riuscì clamorosamente a strappare Bologna ai rossi ma va orgoglioso soprattutto per la definizione che gli appiccicò il mitico Sergio Saviane dopo avere scoperto che divorava con piacere carnale Hemingway e Stendhal: «el xè un macellaio umanista» . L’aspirante al ruolo di «nuovo Guazzaloca» , il giovane avvocato leghista Manes Bernardini, divora «soprattutto fumetti, in particolare Dylan Dog» ma approfondisce anche Orazio, Nonna Papera, Clarabella, e Pluto: «Topolino è sempre bello. Vado a cercare i numeri vecchi sulle bancarelle dell’usato» . Libri? «Libri... D’estate, principalmente» . Cioè? «Li leggo in vacanza» . L’ultimo? «"Il signore degli anelli", l’anno scorso. Un librone. Ci ho messo l’estate intera ma l’ho finito...» . Eugenio Riccomini, docente di storia dell’arte, ricordando commosso che «Bologna la dotta» accorreva ad assistere a conferenze «massacratorie» sul Tiepolo o l’architettura gotica («una sera riempimmo il salone grande del palazzo dei congressi» ) e c’erano un’orchestra di San Petronio e una comunale «che tutte le sere suonava, estate e inverno, musica classica» per i cittadini, sospira: «Ahi ahi...» . Il Corriere di Bologna ha preso i candidati e ha posto loro domande di cultura generale cittadina. Ancora ahi ahi... L’unico che aveva in tasca la tessera della biblioteca era Virginio Merola, scelto dal centrosinistra alle primarie anche perché era stato l’unico a dar battaglia a Flavio Delbono, che vinte le elezioni fu costretto a dimettersi per il «Cinzia Gate» . Tutti gli altri? Mah... Massimo Bugani, candidato dal movimento Cinque stelle di Grillo, non sa elencare più di due musei cittadini. Bernardini tre. Quanto a Giuseppe Dossetti, cioè il padre costituente che prima di farsi prete contese a De Gasperi la leadership della Dc ed è venerato dalla Bologna dei «cattolici adulti» , il grillino confessa di non avere idea di chi fosse. E il leghista: «Una figura carismatica a livello anche di cultura ecclesiastica e quant’altro. Quindi, insomma, è stato un’eminenza» . Per non dire del giorno della Liberazione di Bologna, data difficile da ignorare perché tutti conoscono «via 21 aprile 1945» . Eppure sbanda il democratico, sbaglia il grillino, vagheggia («aprile» ) il civico Stefano Aldrovandi, si schianta il leghista: «Ottobre ’ 45» . Cinque mesi dopo il suicidio di Hitler. Buonanotte. Giorgio Guazzaloca ha appena scritto un libriccino prezioso, «Gente di Bologna» . Dove racconta storie irresistibili come quella del vecchio Aurelio che a notte fonda intonò arie della «Turandot» in via del Pratello e gli abitanti invece che buttargli giù secchiate d’acqua aprirono le finestre e «al do di petto finale ci fu un applauso corale» . O quella di Cesarino Scota, strepitoso battutista amico di Rossellini, che mangiava sempre alla famosa trattoria «Cantunzèn» e ogni tanto rispondeva al telefono a clienti che volevano prenotare: «Lei vuol venire a mangiare qui? Non ha idea di quanto si paghi!» . Ed è tutto un rimpianto e un sospiro sulla Bologna di una volta. Al punto che anche Franco Grillini, il fondatore dell’Arcigay che va battagliando coi «grillini» per la battutaccia con cui Beppe Grillo ha lasciato la piazza a Nichi Vendola («At salud, buson!» ), ha accelerato sulla bolognesità e dopo aver proposto una legge per il riconoscimento delle «sfogline» dei tortellini ha cambiato la suoneria del suo cellulare adottando «Bela Bulagna» : «Se da Napoli vengono a dire /poesia dal zii e dal mèr /io rispondo venite a sentire /al poema dal mi tajadell!» . Il guaio è che quello che è stato a lungo un modello è andato in crisi. La regione di cui Bologna è capitale, dice Unioncamere, ha sofferto più di tutti dopo il Friuli la crisi di questi anni. La disoccupazione giovanile fa spavento senza che consoli dire «altrove stanno peggio» . E fatica sulle piste anche la Ducati di Valentino Rossi, il cui rombo pareva dover svegliare la città che secondo Anna Maria Cancellieri, commissario dopo le dimissioni di Delbono, è «come si fosse addormentata» . Smagrita «Bologna la grassa» e ammaccata «Bologna la dotta» (con l’università più antica del mondo che resta salda a livelli di eccellenza e forse è economicamente messa meglio di tutte ma è stata sorpassata da Trieste e ha perso molte posizioni nella classifica del Times) è più che mai irriconoscibile «Bologna la rossa» . Non solo perché la sezione della Bolognina che vide la famosa svolta di Occhetto non esiste più e al suo posto c’è un parrucchiere cinese: «Fashion mania» . È andato in crisi il rapporto di fiducia con la città. Quello che un tempo spingeva anche pezzi della borghesia, per scansare salti nel buio, a votare quella rassicurante versione emiliana della falce e martello. Una piccola prova? Le liste d’attesa per l’accesso agli asili nido, il fiore all’occhiello di quello che è stato il miglior sistema di welfare cittadino anche secondo osservatori critici come Indro Montanelli. Sono 700, i bambini che non ce l’hanno fatta a entrare. Difficoltà di bilancio. Al punto che la Cancellieri, a lungo e inutilmente corteggiata dalla destra prima che Bossi imponesse Manes Bernardini, ha dovuto per la prima volta nella storia mettere una tassa d’iscrizione alle materne. Come andrà a finire? Boh... Il Senatur, spinto da segnali come il diffondersi di brontolii «leghisti» in ambienti un tempo inespugnabili come i circoli «Arci» dove i bolognesi vanno a giocare a carte o la dichiarazione di voto al Carroccio di un nome storico della Bologna rossa, l’urbanista Pier Luigi Cervellati furente col progetto del tram a guida ottica Civis, assicura: «Vinceremo al primo turno» . Il «macellaio umanista» , che fiuta come pochi la città, non ne è convinto. Alla fine, «se non altro perché conosce meglio degli altri i problemi avendo fatto per anni l’assessore» , dice che dovrebbe farcela Merola. Nonostante il cognome partenopeo («papà era un poliziotto venuto qui per lavoro, io son cresciuto a Bologna» ) che gli ha tirato addosso le ironie di Tremonti. Nonostante l’amaro in bocca lasciato tra i compagni dalle ultime esperienze di Cofferati lo straniero (che versava il vino nei «tourtlein» !) e di Delbono. Nonostante le gaffes come il catastrofico augurio al Bologna («non so niente di calcio» ) di «tornare in serie A» o la confessione che non gli piacciono i tortellini. Gaffe cui ha cercato di rimediare Grillini trascinandolo alla scuola di Alessandra Spisni, docente di «tagliatelle-logia» , perché, riposta la laurea in filosofia, impari a impastare la sfoglia.
Gian Antonio Stella