FRANCESCO GRIGNETTI, LA Stampa 13/5/2011, 13 maggio 2011
Omicidio volontario l’Alta Corte dice no al carcere obbligatorio - «Sono allibito, chi commette un delitto così grave non merita i benefici» Roberto Maroni Ministro degli Interni 586 omicidi volontari È il numero di quelli commessi nel 2009, anno in cui è entrato in vigore il «pacchetto sicurezza» (Fonte: Ministero dell’Interno) La Corte Costituzionale boccia il carcere obbligatorio per gli accusati di omicidio
Omicidio volontario l’Alta Corte dice no al carcere obbligatorio - «Sono allibito, chi commette un delitto così grave non merita i benefici» Roberto Maroni Ministro degli Interni 586 omicidi volontari È il numero di quelli commessi nel 2009, anno in cui è entrato in vigore il «pacchetto sicurezza» (Fonte: Ministero dell’Interno) La Corte Costituzionale boccia il carcere obbligatorio per gli accusati di omicidio. Detta così, quella di ieri della Consulta sembra una sentenza lassista. E infatti il ministro dell’Interno Roberto Maroni, piccato perché la norma bocciata porta la sua firma, se la prende moltissimo: «Sono allibito per la decisione». Con lui, peraltro, c’è mezzo centrodestra. Ma la sentenza della Corte, redatta dal giudice Giuseppe Frigo, un fior di garantista che è stato presidente dell’Unione delle Camere penali, e di sicuro non è di sinistra, è difficilmente criticabile. La Consulta ribadisce un principio di civiltà giuridica: il carcere come forma di custodia cautelare non può essere considerato inevitabile. Il Pacchetto Sicurezza di Maroni, divenuto legge nel febbraio 2009, prevedeva che per un indagato di omicidio volontario dovesse scattare obbligatoriamente il carcere. Nessun margine di interpretazione per i magistrati. Cella e basta, come si fa per i delitti di mafia. A contrastare questa impostazione il tribunale di Lecce, e poi quello di Milano, hanno investito la Corte Costituzionale. La discussione è partita dal caso di una prostituta leccese che ha ucciso il suo ex fidanzato, nonché ex protettore, un pregiudicato violento che la minacciava e voleva farla tornare sulla strada nonostante lei cercasse di rifarsi una vita con un altro. Omicidio avvenuto diversi anni fa per cui la donna è stata condannata a 14 anni in primo grado. La donna si trovava ai domiciliari in attesa di discutere il secondo grado, ma il tribunale ha dovuto rimandarla in carcere all’uscita del Pacchetto Sicurezza. Di qui i diversi ricorsi, di qui la decisione della Corte. «Non è accettabile - la spiegazione che si ricava nelle sale della Corte, un’ora dopo le accuse del ministro - che ci sia confusione tra la pena e la custodia cautelare. È una misura di civiltà considerare la custodia cautelare in carcere come una misura estrema e residuale. Così come ci dice anche la Corte europea di giustizia». Se è giusto finire in cella per un condannato, insomma, altro è lo status di indagati. Né vale la considerazione della pericolosità sociale perché ci possono essere tante sfumature dietro un’accusa di omicidio volontario. «Come attesterebbero i casi dell’omicidio determinato da dolo d’impeto o commesso in stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui». In conclusione, con questa sentenza la Corte restituisce ai tribunali il margine di discrezionalità. Starà ai giudici valutare se un soggetto, sia pure accusato di un reato tanto grave, meriti di attendere il processo in cella oppure ai domiciliari. Ma proprio questo ritorno alla discrezionalità non piace al governo. Dice Maroni: «Mi sembrava e mi sembra una misura efficace. Chi commette un delitto così grave non merita i benefici. La Corte ha dichiarato che anche chi commette un omicidio volontario può invece tornare libero a casa, e magari commettere un altro omicidio. È un grandissimo errore, che mina le misure che abbiamo preso a tutela della sicurezza dei cittadini». Gli fa eco il sottosegretario Alfredo Mantovano: «In sintesi, se vengo imputato per concorso esterno in associazione mafiosa non ho alternativa alle sbarre. Se mi sono invece “limitato” ad ammazzare una persona posso restare nel salotto di casa. Se vi erano ancora dubbi sulla necessità di una riforma della giustizia e della Consulta, questa sentenza li fuga completamente». Si fa sentire anche un coro di leghisti. Carolina Lussana: «Dopo questa decisione, se i cittadini si lamenteranno perché un omicida invece di essere in carcere è a piede libero o agli arresti domiciliari sapranno con chi prendersela». Oppure il governatore Luca Zaia: «Il ministro Maroni ha ragione. La Consulta orienta la giurisprudenza in un senso non coerente con quanto il governo sta facendo nel raccogliere il desiderio del popolo di rigore nei confronti del crimine». Ed è di nuovo, alla fine, il tema dei rapporti tra giustizia e politica.