Mauro Masi, Sette 12/5/2011, 12 maggio 2011
DILETTANTI ALLO SBARAGLIO
Già si dice che sia stato il peggior direttore generale della Rai. In effetti, l’ex segretario generale della Presidenza del Consiglio ha fatto di tutto per meritarsi questo non invidiabile primato. Ha scontentato la sua parte politica, e in particolare Silvio Berlusconi, per non essere stato capace di “domare” quei comunistacci di Michele Santoro, Milena Gabanelli, Giovanni Floris e Fabio Fazio. Ha scontentato l’opposizione soprattutto per la sua difesa a oltranza del Tg1 diretto da Augusto Minzolini, colpevole di aver trasformato il tg più istituzionale della Rai in un organo di partito. Francamente non si era mai visto un direttore generale intervenire in una trasmissione, Annozero, per farsi sbertucciare dal conduttore o apparire nel salotto di Bruno Vespa per parlar male di Santoro o fare una telefonata all’Isola dei famosi.
Gli viene rimproverato da più parti di aver chiuso i conti dell’esercizio 2010-2011 in rosso, con un buco di 116 milioni di euro e con un indebitamento di 220 milioni. Una situazione analoga capitò solo nei primi anni Novanta quando fu varato il “decreto salva Rai” per sottrarre al fallimento l’azienda e affidarla ai sempre più rimpianti “professori”.
Nel guidare Viale Mazzini, la persona aveva i modi gentili del grand commis di Stato, ma il suo problema era l’inadeguatezza al ruolo. Nella sua lunga storia, la Rai aveva sempre saputo conservare una parvenza di Servizio pubblico; con dirigenti che conoscevano bene il loro mestiere e, nonostante le appartenenze politiche, le regole di quel fantasma fragile che è il pluralismo. Con Masi ci siamo trovati di fronte a un dilettante allo sbaraglio che però aveva in mente un secondo fine: anestetizzare la “Rai di sinistra”. Diceva persino di aver messo su un pensatoio, per farsi spiegare la tv, composto dal trio Michele Guardì, Maurizio Costanzo e Giovanni Minoli.
Il problema non sono le persone, ma i criteri di scelta. Se un dirigente viene scelto per la sua fedeltà politica e non per le sue doti professionali è inevitabile che non sia in grado di affrontare i complessi problemi di un baraccone come la Rai: è un fenomeno di entropia di competenza, il modo più pratico per distruggere le aziende. Certo poi Masi ci ha messo del suo: l’ultimo giorno di direzione è andato a parlare di Rai su La7. Mancanza di stile o inguaribile narcisismo?