Roberta Scorranese, Corriere della Sera 12/05/2011, 12 maggio 2011
«TALENTI DA VALORIZZARE. COSI’ SONO DIVENTATA AMBASCIATRICE ALL’ESTERO DEI GIOVANI ITALIANI»
«TALENTI DA VALORIZZARE. COSI’ SONO DIVENTATA AMBASCIATRICE ALL’ESTERO DEI GIOVANI ITALIANI» - Se è vero che gli oggetti raccontano la nostra intima natura, è bizzarro scoprire che la celestiale Francesca Lavazza, ovale botticelliano e modi da aristocrazia sabauda, siede ogni giorno sotto la fotografia di un leopardo che dorme. Titolo: «Non disturbatemi» . O forse non lo è, visto quel che annotava il Roland Barthes de La camera chiara: «davanti all’obiettivo io sono allo stesso tempo quello che io credo di essere e quello che vorrei si creda io sia» . E l’erede della dinastia del caffè, nonché direttore Corporate Image del gruppo torinese, trova un equilibrio in questa doppia rappresentazione mostrandosi come una donna bella ma non vistosa, gentile ma decisa, semplice eppure colta. Specie se si parla di fotografia: «Insieme al cinema è la mia grande passione — spiega— e da tempo è sfociata nel collezionismo. Ricordo, più di dieci anni fa, l’incontro con Helmut Newton: lui aveva lavorato per il nostro primo calendario e per me era un mito. Mi colpì la sua essenzialità. E capii una cosa: la fotografia è come il caffè, o te ne innamori al primo assaggio oppure niente» . Studi umanistici e una lunga carriera nella pubblicità, oggi poco più che quarantenne, Francesca sarebbe piaciuta alla pittorialista inglese Julia Margaret Cameron, una che ritraeva donne dalle chiome lunghe e il viso angelico. Ma lei preferisce un altro genere. «Newton, certo, ma alle aste e alle mostre scopro sempre nuovi giganti. Ho una predilezione per Erwin Olaf, i cui ritratti sono al tempo stesso regali e disinvolti. Mi piace moltissimo Elliott Erwitt per certe scene oniriche. Ecco, lo confesso: nella fotografia ricerco sogno, positività» . Un eden, come quello del lavazziano «caffè in paradiso» . Ci si aspetterebbe una conforme predilezione per le pellicole felliniane, ma la doppia natura della foto di cui parla Barthes ritorna e Francesca confessa una passione per le vecchie commedie americane (Blake Edwards e Billy Wilder in testa). In ufficio, a Torino, tiene la foto del leopardo che dorme della giovane milanese (poco più che trentenne) Paola Pivi. Il sonno del felino si consuma su un letto ornato di cappuccini. «Ironia e straniamento— commenta Lavazza —, ma soprattutto un messaggio forte. Trovo che nei giovani fotografi italiani ci sia una potenza espressiva notevole. È anche per questo che nel mio piccolo mi faccio ambasciatrice all’estero di questi talenti di casa nostra. E poi vorrei dire una cosa: ben vengano iniziative come Mia, perché dobbiamo valorizzare la fotografia italiana. Ci sono dei maestri che meritano un’attenzione maggiore, quantomeno un apprezzamento. Penso a Gianni Berengo Gardin oppure a Gianpaolo Barbieri, il nostro Richard Avedon. Ferdinando Scianna o Marino Parisotto. E chi non ha visto i paesaggi colorati di Franco Fontana? Un artista che conosco personalmente. Con molti di loro da anni coltivo amicizie» . Appassionata anche di cucina, due figli piccoli, Francesca per la casa ha scelto opere poco convenzionali, originali come «Raining Popcorn» , dell’americana Sandy Skoglund, una foresta in cui nevicano fiocchi di granturco e dove bizzarri personaggi dalle fattezze indiane restano incantati fissando il vuoto. E anche se l’ormai storico calendario Lavazza, che in passato ha portato la firma di nomi come David LaChapelle o di Annie Leibovitz esiste dal 1993, si capisce che da tempo c’è l’impronta forte della giovane esponente della quarta generazione della dinastia. Legata al caffè, ma con ironico distacco cosmopolita: beve volentieri anche il caffè americano, a dispetto dei puristi dell’espresso. Eppure annota: «Quella del caffè di qualità è una tradizione che molti Paesi vorrebbero avere. Anche al Pentagono, per dire, bevono l’espresso Lavazza. E da imprenditrice dico che, come per la fotografia, dovremmo avere più attenzione in generale per il nostro Paese. Quando all’estero si lamentano per la nostra mancanza di servizi per i turisti e tacciano l’Italia di superficialità penso che dobbiamo fare di più» .
Roberta Scorranese